“Rive lontane” di Laurent Martin
di Dario De Cristofaro / 27 luglio 2010
Rive lontane (Voland, 2010), di Laurent Martin può essere definito, senza remore, un lungo racconto nero, intriso di nostalgia, disillusione e vendetta. Attraverso una scrittura essenziale, limpida, a tratti sibillina, l’autore ci regala un piccolo gioiello di narrativa a metà tra una storia noir e un breve romanzo di formazione.
È un realtà di confine, una banlieue sperduta nella periferia di un’innominata città francese, quella in cui si svolgono i fatti raccontati in prima persona dal giovane Joseph, diciottenne cresciuto nel piccolo nucleo abitativo sorto nei pressi della Fabbrica, un luogo emblematico, fotografia dell’alienazione post-industriale. L’unico svago concesso alla massa informe che popola questi luoghi dimenticati da Dio, è il locale Panama, un ritrovo di attempate prostitute e operai svuotati dell’anima. Sarà una serie di delitti terribili e apparentemente inspiegabili a stravolgere la monotonia della comunità. Il finale, rapido e tagliente come una lama di coltello, lascerà sicuramente il lettore di sasso rivelando un movente atavico, come solo la vendetta sa essere.
Martin riesce a distrarci dal susseguirsi dei delitti con la storia persona di Joseph, con le sue aspirazioni, con la sua voglia di fuggire da un destino già stabilito, inseguendo il sogno di vedere, un giorno, il fiume Mississippi. In secondo piano rispetto alla vita del diciottenne, eppur altrettanto centrale nella struttura del racconto, è la serie di delitti il cui filo conduttore sembra essere un comune passato che lega le vittime con l’assassino. Una narrazione coinvolgente e rapida, a tratti poetica nella descrizione dei personaggi e dei luoghi-simbolo, e una trama ben strutturata e ricca di colpi di scena, catturano, dunque, l’attenzione del lettore fin dalle prime pagine senza più abbandonarlo.
Rive lontane di Laurent Martin è, in definitiva, un libro che può essere letto ed apprezzato non soltanto dagli amanti del genere noir. Anzi, grazie allo stile coinciso, alla sua spiccata vena poetico-descrittiva e alle atmosfere che l’autore riesce a ricreare in maniera insospettabile, questo piccolo gioiello racchiuso in poco meno di centocinquanta pagine saprà incuriosire e attrarre anche il lettore più scettico e distaccato.
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