Conversazione con Raffaella Formillo

di / 10 maggio 2011

 

Raffaella Formillo è  nata a Milano, ma è una pugliese “doc” di Foggia e una Romana di adozione. Vive e lavora a Roma come psicologa, consulente familiare e di coppia. Ha maturato la sua esperienza lavorativa con i bambini vittime di abuso e le famiglie di adolescenti. Ha vinto nel 2006, per la categoria laureati, il concorso di Pupi Avati ‘Scrivi l’ultima scena del film La Seconda Notte di Nozze’. Tè alla fragola, Mursia è il suo primo romanzo.

Leggi la RECENSIONE al libro

Raffaella Formillo scrive per…

Passione, necessità, ricerca. E' l'attività che mi dà più soddisfazione in assoluto, mi fa sentire in pace con me stessa, mi consente di indagare ed esplorare i confini più lontani e sfocati della mia personalità. La scrittura può essere un rifugio, una fuga dalla realtà, ma è anche un’occasione per confrontarsi con se stessi: per quanto ciò che si scrive possa apparire differente e fantasioso, dentro vi è sempre qualcosa di straordinariamente autentico. Nella vita c'è chi sa chi è, o crede di saperlo, guardandosi allo specchio ogni mattina. Per me il foglio bianco è il mio vero specchio.

 “Io ero ancora in debito di una spiegazione, pensavo, ma poi? Che bene mi avrebbe fatto? Più felice non mi rendeva.” Direbbe Nick Hornby, dopo una delusione sentimentale di un suo personaggio. Cosa ne pensi? Forse è davvero questa la soluzione: Affrontare la vita e non razionalizzarla troppo?

Ognuno ha il suo modo di procedere nella vita, di "stare al mondo". Conoscere le ragioni di certi eventi è un’urgenza per alcuni ma per altri può

essere una vera e propria scomodità, sopratutto se non si hanno le risorse e gli strumenti per rimuovere le cause e affrontare le situazioni, anche quando le cause risiedono infine in noi stessi. Ha ragione Nick Hornby quando dice che una spiegazione non rende più felici, perché la conoscenza e la consapevolezza non eludono e non ci sollevano dal dolore. La consapevolezza non fa sconti, anzi. Se il "conoscere" coincidesse con il "sentire", anche nella psicoterapia la consapevolezza dovrebbe portare velocemente e automaticamente al benessere, cosa che non è. Con questo però non voglio dire che sia meglio affrontare la vita anziché razionalizzarla, o viceversa. Direi piuttosto che la razionalizzazione e la consapevolezza possono dare un contributo "attivo" per affrontare la vita in maniera più efficace di chi si limita ad agire e reagire senza uno spazio di riflessione, purchè non diventi pretesto per restare fermi e piangersi addosso.

Affermerebbe Oscar Wilde che la nostra vera vita non è quella che viviamo. Sei d’accordo, scrivere non è forse un altro modo di provare a “vivere”?

Scrivere e certamente un altro modo di provare a vivere. Prima accennavo alla funzione della scrittura di rifugio, fuga, espressione delle parti più nascoste di sé stessi. Chi scrive vive molte vite, soddisfa bisogni insoddisfatti, veste i panni di chi vorrebbe essere o di chi è realmente e non ha il coraggio di essere perché schiacciato dalle convenzioni sociali, delle molte facce che possiede…

Nick Hornby, Oscar Wilde, nella brillantezza e nella modernità del tuo stile ho trovato con questi grandi la maggiore convergenza. Qual è il libro o l’autore, se esiste, a cui sei più legata?

Tra gli autori classici direi certamente Dostoevskij e tra quelli contemporanei Erri De Luca. In entrambi i casi sono legata allo scrittore più che ad un loro singolo libro, in quanto tutta la produzione letteraria costituisce in realtà un’unica grande opera. Il libro, invece, a cui sono più affezionata è "Ti prendo e ti porto via" di Ammaniti. Ancora oggi a distanza di anni è un libro che regalo spesso perché ti cattura, ti seduce e ti ritrovi ad essere combattuta tra il desiderio di leggere e quello di “dosarlo” per far durare il romanzo il più a lungo possibile. Non può che piacere a qualunque tipo di lettore, che sia occasionale, intenditore, esigente o illetterato.

In “Tè alla fragola” emergono le suggestioni forti di Roma, è sullo sfondo e a tratti sembra di attraversarla, se ne percepisce la presenza, il calore. Quanto ami questa città e cosa la distingue da tutte le altre città in cui hai vissuto?

In realtà non ho vissuto che in due sole città. Foggia, la mia città d’origine, e Roma. Nel primo caso parliamo di una città del sud, con i ritmi della provincia  e una struttura urbanistica moderna, perché ricostruita nel dopoguerra. Roma rappresenta la crescita, l’indipendenza, la scoperta di altri modi di vivere, la storia, il passato e il futuro, la metropoli nel bene e nel male. Due realtà molto diverse, ma entrambe amate perché legate a due fasi differenti della vita.

La leggerezza dei tuoi personaggi li rende unici. Diventano subito amici, confidenti che si presentano al lettore nella loro intimità. Hai tratto spunto dai tuoi amici per caratterizzarli? Ti ricordano situazioni particolarmente care?

Ho preso spunto dagli amici e anche di più. Non è un caso che alla fine del libro, io ringrazi tutti coloro che ho conosciuto nella vita: gli amici, i conoscenti, i familiari e anche gli estranei incontrati per caso, che in qualche modo hanno lasciato un segno tale da ricordarli e tratteggiarli in certi personaggi, protagonisti e non. Lo scrittore infondo prende in  prestito eventi e personaggi dalla realtà e li fa propri.

So che stai lavorando al tuo nuovo libro, vuoi darci qualche anticipazione?

È una raccolta di racconti brevi, in alcuni casi direi brevissimi, quasi flash, che oserei definire “non racconti” nell’inquadramento complessivo del testo. Ma non dico oltre. Pare che suscitare la curiosità sia fondamentale per uno scrittore! 

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