Le favole della Maria
di Linda Pietropaoli / 8 giugno 2011
Dipinto dai giornali come uno scrittore violento ed osceno, Antonio Moresco ha stupito tutti con il suo Le favole della Maria, un bislacco, divertente ed assai simpatico libriccino di fiabe.
Fiabe un po’ particolari a dire il vero: si tratta infatti delle favole che lo scrittore raccontava alla piccola Maria, sua figlia, venticinque anni fa, nel breve tragitto che separava la loro casa dalla scuola. Un bel giorno Moresco, dopo tante e tante passeggiate e storie inventate, decide di fare una sorpresa a Maria per il suo compleanno, trascrivendo pazientemente tutto ciò che ricordava di quegli “spassosi” momenti fiabeschi. Viene fuori inizialmente qualcosa che somiglia ad un libro, con tanto di copertina di cartone, ma ancora piuttosto amatoriale; solo venticinque anni dopo quella “cosa” prenderà le fattezze di un libro vero e proprio, con la sua pubblicazione presso Einaudi.
Antonio Moresco è tra i più importanti scrittori della narrativa italiana contemporanea, autore di opere quali Clandestinità (Bollati Boringhieri, 1993), Lettere a nessuno (Bollati Boringhieri, 1997), Canti del caos (parte I, Feltrinelli, 2001), Merda e luce (Effigie, 2007); nel 2008, proprio con Le favole della Maria ha vinto il Premio Andersen per la sezione “Miglior libro 6/9 anni”.
Nel mondo della piccola Maria tracciato da Moresco tutto è al rovescio, tutto può accadere, e una stradina diventa il palcoscenico in cui si esibiscono, sbizzarrendosi, la fervida fantasia di un adulto, Gelsomino, che racconta di un mondo bizzarro e fantasioso, e una bambina, la Maria, che ancora può credere liberamente ad ogni sua parola. Così basta un “Den!” ed ecco che tutto ha inizio: storie di “piPPistrelli” con due “p” e di bambini che la mattina non c’è verso di svegliare; di personaggi dai nomi strani, come la perfida strega “Orecchiamolla” o quelli di dinastie di principi, principesse e “principessi” dai nomi “Cagauno”, “Cagadue” a seguire fino al nove, che combattono, trasformati in grissini, alla ricerca del proprio amore; oppure storie di bambini che hanno gli occhi il cui colore cambia in base alle emozioni che provano: ora color sottiletta, poi color elastico oppure color corda, o ancora color “cacca-di-mosca con sopra un puntino giallo”, o anche color macedonia di topo, sedere di scimpanzé se non addirittura color “trepertrefaotto”!
Un mondo divertente, dunque, uno spazio malleabile costruito a misura di bambino, soprattutto perché nato dal ribaltamento di ogni norma conosciuta e credibile, dallo stravolgimento del mondo della parola, che qui, per il nostro Gelsomino-Moresco, si trasforma nello strumento plastico attraverso cui dar vita, in pochi metri ed una manciata di minuti, ad una parentesi di godibilissima fanta-follia.
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