Emanuela Orlandi – La verità
di Giorgio Cavagnaro / 25 luglio 2011
C’è un libro sorprendente e spigoloso, in giro dal 2008 in Italia.
Spigoloso come il suo autore, Pino Nicotri, vecchia volpe del giornalismo investigativo e implacabile suiveur di piste, di quelle che più sono scomode e meglio è.
E più scomodi del caso Orlandi ce n’è pochi.
La scomparsa, nel 1983 in pieno centro di Roma dell’adolescente Emanuela, figlia di un dipendente dello stato vaticano, ha generato oltre al dolore dei suoi familiari e al raccapriccio di migliaia di cittadini, interrogativi a raffica e depistaggi incrociati paragonabili forse solo a quelli che hanno riguardato il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro.
Già questo suggerisce alle persone dotate di un minimo di buon senso che trattasi di materia assai scottante. Ma a differenza dei grandi enigmi legati alle stragi impunite o ai delitti politici, la vicenda della Orlandi è di lettura più nebulosa, per la figura limpida della protagonista e per l’ambiente dal quale prende le mosse la storia.
Ed ecco che , uno dietro l’altro, appaiono telefonisti misteriosi, delinquenti di razza naturalmente legati all’onnipresente banda della Magliana, lupi grigi, servizi bulgari, tedeschi, turchi e naturalmente nostrani, il banchiere di Dio Guido Calvi, Solidarnosc, l’eminenza grigia Paul Marcinkus e il “suo” famigerato IOR, vescovi , cardinali su su fino a Papa Giovanni Paolo secondo.
Pino Nicotri dipana con lucidità e la necessaria dose di cinismo la tragica matassa partendo proprio dall’improvvido (secondo l’autore) appello del Pontefice in Piazza S.Pietro appena una settimana dopo la sparizione di Emanuela, nel corso del quale per primo parla di rapimento senza che nessuno avesse formulato ancora questa ipotesi.
La tesi di Nicotri , lo possiamo dire senza nulla togliere all’interesse davvero notevole di un saggio che è quasi un romanzo, è che la vicenda della povera ragazza nasca e muoia nel giro di poco tempo, forse in un solo giorno, nell’ambiente vaticano, per motivi difficili se non impossibili da digerire per l’opinione pubblica senza un danno di proporzioni incalcolabili per la Chiesa Cattolica.
La ricostruzione dell’autore è stringente e puntigliosa, soprattutto nello smontare il cumulo di informazioni divulgate con la collaborazione di tutti i media nel corso di quasi trent’anni, favoriti dalla suggestione di nomi e circostanze sempre molto evocativi per l’opinione pubblica. Volete un esempio? La assurda collocazione funeraria del boss Enrico De Pedis, più volte rientrato nelle indagini del caso, nella cripta della chiesa di S.Apollinare in Roma, contigua alla scuola di musica frequentata dalla Orlandi dove la ragazza è stata vista per l’ultima volta, nonché a due passi da quella Piazza delle Cinque Lune legata per molti versi all’affaire Moro e , come se non bastasse, dall’abitazione della figura romana più enigmatica del secolo, Giulio Andreotti.
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