“Le omissioni” di Ottavio Fatica
di Massimiliano Coccia / 27 settembre 2011
I veri libri di poesia sono rari, molto rari, una felice scoperta è stato leggere Le omissioni, di Ottavio Fatica, uno dei migliori traduttori italiani che sta curando da alcuni anni la ritraduzione completa di Rudyard Kipling.
I versi di Fatica giungono alla fine di un lungo cammino di ricerca linguistica e poetica, vi è la passione per la lingua e le figure retoriche, che però non fanno diventare i versi entità astratte o chiuse, bensì liberano il significante e il significato in tutta la loro completezza.
Èpoesia di privazione quella di Fatica, di amore, di dubbio, di incertezze, è ricolma di vita, di ferite non rimarginate ed è in questo istante quando la ferita pulsa e sanguina che si percepisce il senso vero e profondo della sua poetica, perché la sua poesia non è esercizio linguistico o appunti distratti, ma è una ferita aperta, che brilla ancora al sole, che sgorga sangue e versi, una ferita, la stessa che per Italo Calvino è motivo della nostra battaglia quotidiana. Èun poeta silente Ottavio Fatica, che vive un rapporto conflittuale con l’intorno, dove la natura è un’entità misteriosa, una natura che strappa centimetri all’urbana metropoli, (…e poi passando accanto/ alla boscaglia con un brivido/ avvertire una presenza/ […] e continuando/ a correre scoprire con più angoscia/ che mai che sei ignorato da uno scampolo di giungla sotto casa…) , una natura,quindi, che ignora il cammino del passante e che raramente consola.
Chi si aspettava un approccio accademico alla poesia da parte di uno dei più grandi traduttori italiani, ne rimarrà deluso, perché Le omissioni non rappresentano una summa poetica ma sono versi che pongono interrogativi e guardano avanti, sono enigmi irrisolti e sogni sussurrati che accompagnano le nostre sere e i nostri giorni di uomini e donne che si confrontano con la contemporaneità ed è per questo che la poesia di Fatica diventa “nuda mano sulla carne viva”, tocca i centri nervosi e porta sempre e comunque ad una reazione, sia essa un sospiro,una privazione o una gioia intima.
Le omissioni sono quindi la dimostrazione che è ancora possibile fare poesia e con essa cercare di imbrigliare il tempo che fugge e scorre, un tempo pieno di affanno, ma «è sempre tempo: il tempo di ora/ e non ha altro luogo».
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