“Misure del timore”: conversazione con Antonio Spagnuolo

di / 27 settembre 2011

Intervistiamo nuovamente Antonio Spagnuolo, questa volta per parlare del suo ultimo libro, Misure del timore (Kairós Edizioni, 2011), un’antologia poetica tratta dai volumi pubblicati tra il 1985 e il 2010.

Caro Antonio, che piacere risentirla. Ho apprezzato molto questo Misure del timore. Ma perché ha sentito il bisogno di raccogliere in un unico libro la sua poetica degli ultimi venticinque anni?

Da diversi anni e da più parti mi è stato chiesto un resoconto intorno alla mia ricerca poetica, specialmente da parte di qualche critico, accorto al mio lavoro, il quale ha suggerito di raccogliere “esemplari” tra i vari volumi, ed in particolar modo partendo da Candida, del 1985, che fu per me un punto di arrivo e contemporaneamente un punto di partenza per i versi più significativi. Una vera e propria chimera , che naviga nella fede nel futuro.

Cosa resiste al disfarsi del tempo?

Spero che la vera poesia possa sopravvivere nel tempo, specialmente se concepita con un bagaglio culturale che sia inossidabile e valido.

Cosa è cambiato invece tra il 1985 ed oggi? Sente diverso il suo rapporto con la poesia?

Il mio rapporto con la poesia è stato sempre, e lo è tutt’ora, un rapporto totalizzante, una specie di microbo che attacca le mie circonvoluzioni cerebrali quotidianamente, e mi rende schiavo dell’endecasillabo, in ogni pensiero, ad ogni passo. Posso dichiarare che nulla è cambiato dalla mia gioventù.

È diverso lo sguardo del poeta? In fondo il mondo intorno è cambiato radicalmente…

Purtroppo il mondo in questi anni è cambiato in maniera radicale. La cultura umanistica è stata piano piano abbandonata per lasciare il posto all’incuria, alla scostumatezza, all’ignoranza, alla prepotenza, all’arrivismo. Ricordo che da giovincello – e parliamo degli anni ‘40 e ‘50 dello scorso secolo –  io mi dicevo che con il Duemila senza alcun dubbio avremmo raggiunto un grado di civiltà tale da rimanere illuminati in ogni campo… Ma purtroppo, alla mia età, devo soltanto piangere e rifugiarmi sempre più nella mia poesia!

Qual è, tra i volumi raccolti in questo libro, quello a cui è più legato e perché?

Non ho una netta preferenza, perché ogni mio volume ha una ragione particolare di esistere ed ha un fulcro di memorie che si sviluppa pagina dopo pagina. Amo il mio primo volume Ore del tempo perduto (1953) , anche se è palesemente un semplice tentativo, vincolato alle esperienze liceali ed all’influsso del grande D’Annunzio, così come amo con tutto il mio entusiasmo le ultime poesie del  2010 inserite nel libro Misure del timore.

C’è davvero una misura del timore?

Certamente! La “misura” del “timore” è per me il dover affrontare la vecchiaia con un atto di fiducia e di speranza, che allontani la “paura” della morte e dia l’illusione di raggiungere la “verità”.

Nei suoi versi c’è una forte attenzione linguistica e grammaticale, componenti che si stanno perdendo in ogni forma di linguaggio contemporaneo. C’è un modo per salvarsi da quella che per me può diventare una vera e propria deriva culturale?

Mi dispiace ripetere, ma per me l’attenzione linguistica e grammaticale, la ricerca puntuale della “parola”, nascono dal bagaglio ormai veramente enorme delle mie conoscenze culturali, morali, sociali, et similia…

Eros e amore. Lei non ha mai paura di nominarli e di raccontarli, con tante sfaccettature diverse. Come si vivono queste componenti nell’età giovanile e in quella della maturità?

Secondo una bellissima definizione che Mario Pomilio volle scrivere per me , nella prefazione al volume Candida (1985) Eros è l’unico tentativo per sdrammatizzare Thanatos.
L’amore puro è qualcosa che ci rende superiori, e con la sua presenza ci appaga nella sopravvivenza e nella lotta continua, allontanando lo spauracchio della morte, per gioire quotidianamente. Certamente Eros, nella sua manifestazione materiale, cambia di aspetto e di potenza a seconda dell’età. Ma, forse per un dono superiore che mi gratifica, posso dire che in apparenza nulla mi sembra sia cambiato nei miei sentimenti, una volta giovanili, ed ora più che maturi. 

Cose c’è da aspettarsi da Antonio Spagnuolo da qui ai prossimi anni? In fondo credo che questo libro sia solo un momento di passaggio.

La poesia continua a stimolarmi, e spero che, finché avrò lucidità mentale ed equilibrio fisico, i miei versi possano suscitare qualche “emozione” nel lettore, che avrà la ventura e la compiacenza di condividere le mie “esplosioni”…

La ringrazio, come sempre, e la saluto augurandole di trovare da questo “passaggio” ogni eventuale risposta per il futuro.

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