Il Nobel muto
di Andrea Viviani / 7 ottobre 2011
Il Nobel al muto (non al cenere: al muto proprio, all’uomo muto – o diversamente loquace, just to be politically correct).
Non mi convince, e non perché non conosca la poesia e i romanzi di Tomas Tranströmer (mi domando chi lo conosca, visto che scrive in svedese; mi domando anche chi, prima di questa settimana, lo avesse anche solo sentito nominare).
In Italia spopola, ti assalgono i dati in rete: Tranströmer Tomas, Poesia dal silenzio, 2008 Crocetti e La lugubre gondola, 2003 Herrenhaus (fonte: Wuz).
Titoloni, non c’è che dire: il primo è da rantoli di risa (il poeta è, forse non l’ho rimarcato abbastanza, muto); il secondo è, giocoforza, apotropaico (con target palle). Ma, soprattutto, grandi gruppi editoriali. Immagino l’impatto. I sommovimenti delle coscienze. Il solco profondo scavato nell’animo di tanti e tante europei/e.
Non mi convince perché mi ricorda Omero, cieco (o diversamente vedente); e mi ricorda anche mio padre, sordo (o diversamente udente). Il primo ha prodotto, in effetti, materiale interessante; il secondo, con talento, sartava.
Schifato già dai suoi: «La sua opera, in effetti, è posta a metà tra il Modernismo, l'Espressionismo e il Surrealismo, tre correnti artistiche e letterarie esauritesi già da un paio di decenni» (fonte: Wikipedia). Non riesce a starmi simpatico nemmeno per via dell’ictus (sublime ironia…). Sa di buonismo scandinavo, ’sto Nobel in quota protetta; sa di antagonismo becero, prezzolato, da finta-democrazia illuminata che cela in realtà un regime più spietato, nel suo conformismo, della Corea (del Nord). Mi confermo, atterrito, nell’idea, perché non uno, non un verso sta girando e di giorni dal Nobel ne son passati già tre.
Me li immagino, nelle redazioni: «Chi?! E chi cazzo è?!». E come lo fai, un pezzo sul Tranströmer?! Ti rimane il “nonostante”. Magari anche un “benché”:
«Benché provato in non già giovane età [59, ma forse è meglio tacerlo, ndr] da inatteso flagello, sapeva convertire la mestizia per la perdita dell’uso della parola in afflato creativo, regalando così al mondo [che lo ignora, ndr] traccia più alta della propria voce poetica».
Sa di coccodrillo, è vero.
E ti stupisce? Poesia, come pietà, l’è morta.
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