In morte di Andrea Zanzotto
di Ugo Semeli / 22 ottobre 2011
Quando muore, un poeta procede a qualcosa di più della propria scomparsa. Attua una pratica che pertiene alla sua dimensione professionale, alla natura stessa di poeta. Un’autopromozione fisiologica, un atto dovuto, ciò che ci attendevamo da lui. Come se la mortalità fosse l’attributo che soprattutto gli si addice (sta forse in questo la profonda consentaneità dell’essere poeta con l’essere umano).
Per altre figure pubbliche ˗ l’attore, il politico, lo sportivo ˗ il decesso giunge quasi accidentale e non necessario, comunque inaspettato, prima avvisaglia di un’inderogabile sottrazione dall’orizzonte del consesso sociale. Non così per il poeta che inscena la propria dipartita come esigenza deontologica, farsi da parte per non intralciare oltre il libero corso dei versi. Per molti, anzi, il rintocco funebre per il “più grande poeta nazionale” risuona come il colpo di pistola ai blocchi di partenza della lettura.
La parola poetica perciò, diversamente dalle sue sorelle sulla bocca di tutti, ottiene per intero la propria rotonda sonorità in assenza di chi l’ha pronunciata, ed è forse in questo la sua, inammissibile ed enigmatica, irriducibilità alla finitezza dell’umano.
Nautica Celeste
Vorrei renderti visita
nei tuoi regni longinqui
o tu che sempre
fida ritorni alla mia stanza
dai cieli, luna,
e siccom'io, sai splendere
unicamente dell'altrui speranza.
Per la finestra nuova
Brilla la finestra del verde lungamente
lungamente composto, sogno a sogno,
orti o prati non so; ma quanta brina
prima ch'io mi convinca, quanta neve.
Verde del grano che alzi il capo e irridi
tra l'incerto oro e il vuoto:
tu, mia finestra, e tu, cielo, che porti
a me tra placidi astri gli squillanti satelliti
che il gioco umano ha lanciati, con lampi
di fantascienza, a vagheggiare in orbite
leggiere i colli, e li vede a piè fermo
il bue sul campo arato e la vite e la luna.
O mia finestra, purezza inestinguibile.
Per farti spesi tutto ciò che avevo.
Ora, non lieto, in povertà completa,
ancora tutti i tuoi doni non gusto.
Ma tra poco
tutto mi darai quel che anelavo.
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