“Rainbow per Rimbaud” di Jean Teulé

di / 10 novembre 2011

Il romanzo Rainbow per Rimbaud è un’opera di Jean Teulé pubblicata presso le edizioni Nutrimenti nel 2011. La storia prende avvio a Charleville-Mézières, città natale di Rimbaud. Come annuncia il titolo la figura del poeta è centrale pur diventando pretesto per raccontare un’altra storia, quella di Robert.

Robert è un ragazzone di due metri e dieci con una lunga coda di cavallo, che a trentasei anni, vive ancora in casa dei genitori. Dorme in un armadio, su cui ha inciso la parola “battello” che usa come letto  in cui entra ogni notte illudendosi di incontrare il suo mito.

Quando il padre, stanco di assistere alle stranezze del figlio, fa a pezzi l’armadio e lo getta via, Robert decide di partire senza neanche salutare la madre. Il difficile rapporto genitori-figli emerge attraverso l'incomunicabilità tra il protagonista e suo padre, incapace di comprenderlo. L’inadeguatezza dell'uomo si mostra nell'ironia dei suoi pensieri: «Se c’è qualcosa che non abbiamo saputo fare, è perché nessuno ce l’ha insegnata!». Quando Robert declama le poesie di Rimbaud il padre esclama: «E pensare che ci sono un sacco di genitori che hanno i loro grattacapi perché i figli non vogliono imparare le poesie a memoria! A noi, invece, è toccato il contrario».

Il romanzo è anche la storia di un incontro: tra Robert e Isabelle nasce un amore strampalato, infatti Isabelle asseconda ogni idea stramba di Robert ed è così che acconsente ad accompagnarlo in Africa. Egli intende ripercorrere le orme di un viaggio già intrapreso dal giovane Arthur nel XIX secolo. E nelle tappe di un pellegrinaggio (Cairo, Luxor, Mauritius, Dakar, Gorée, Tarrafal), il lettore incontra personaggi completamente estranei alla vicenda del protagonista, ma che diventano testimoni del viaggio della coppia: un insegnante di periferia zoppo con l’hobby di guardare decolli e atterraggi in aeroporto; un tour operator di Luxor; un ex-presentatore televisivo esiliatosi in Africa e molti altri.

L'uso simbolico del colore crea un effetto particolare come se a partire dal titolo si desse luminosità e colore a oggetti e personaggi presenti nella storia. Si pensi alla scena del petit déjeuner che ha luogo a Parigi, al Café de l'Univers: i due innamorati siedono al tavolino Isabelle indossa un abito bianco e Robert (Bébert) «si veste sempre di nero». Caffè nero per lui, latte per lei, bianco e nero danno sfumature da chiaroscuro alla scena finché la ragazza mescola «d'un colpo il latte e il caffè nelle due tazze»sovvertendo lo schema cromatico descritto fin lì. Il proprietario del bar commenta la scena da spettatore dicendo: «È la regina bianca che mangia la torre nera o il contrario?». Di conseguenza la colazione si trasforma in una partita a scacchi che durerà per tutto il romanzo: alla mossa dell'uno corrisponderà la reazione dell'altra. La storia è un progressivo passaggio dal bianco e nero al colore, l’arcobaleno del titolo si ritrova ad ogni pagina non concretamente ma in una variopinta gamma di sfumature: «Isabelle fa il morto a galla sul Lago Rosa. Il lago è completamente rosa. Sono delle alghe microscopiche a conferirgli questo colore». «All’improvviso, l’ombra dei suoi occhi verdi emette due raggi violacei che sfrecciano come razzi verso il cielo. Questo bagliore viola è il risultato di una formula matematica inesorabile».

La presenza della morte aleggia in tutto il testo attraverso le immagini ricorrenti di corvi e avvoltoi che costellano la scrittura: «Due avvoltoi hanno tracciato, senza un battito d’ali, due lenti cerchi nel cielo. Mi piacciono molto questi rapaci. La loro immobilità è una bolla di silenzio».

La parola è atto fondante della scrittura e possiede il potere magico di trasformare gli oggetti e le persone: nella prima parte del romanzo Robert afferma: «Sono come Arthur» e quel “come” esprime una vicinanza, una metamorfosi in fieri, ma quando verso la fine dichiarerà «io mi chiamo Rimbaud» allora l’identificazione sarà totale e tragica al tempo stesso: impossibile sradicare quella convinzione dal suo pensiero.

È innegabile che l’intera opera sia un omaggio al grande poeta “aux semelles de vent”; si potrebbe concludere citando alcuni versi significativi di René Char. Egli ha interpretato la fuga del giovane come ricerca della felicità: «Tu as bien fait de partir, Arthur Rimbaud! Nous sommes quelques-uns à croire sans preuve le bonheur possible avec toi [1]».

 

[1] «Hai fatto bene a partire, Arthur Rimbaud! Siamo tra quelli che credono, senza prove, alla felicità possibile con te».

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