“Sulla strada” di Jack Kerouac
di Sergio Baiocchi / 8 giugno 2012
Sulla strada, di Jack Kerouac, è un libro che andrebbe letto più volte nell’arco della propria vita. È un libro che nasconde significati ed emozioni comprensibili solo nel tempo: divorandolo a sedici anni se ne scopre il furore e la voglia di vivere propria dell’età giovanile; sfogliandolo attentamente intorno ai trent’anni se ne può cogliere la grande forza rivoluzionaria ma anche la straziante sensazione di un tracollo finale, la sconfitta dell’individuo dinnanzi alla società; riprendendolo in mano a cinquant’anni può avere, forse, il sapore dei rimpianti, dell’inadeguatezza e, probabilmente anche della compassione.
Sulla strada è un romanzo nato on the road, come dice il titolo stesso, e racconta le esperienze di viaggio fatte da Sal Paradise (Jack Kerouac) e Dean Moriarty (Neal Cassady) lungo le infinite strade degli Stati Uniti d’America, da est a ovest, da nord a sud, più volte, senza mai stancarsi, fino a toccare i territori più selvaggi e meno contaminati del Messico. In quasi quattro anni di spostamenti, intramezzati da brevi ritorni alla “vita normale”, Paradise e Moriarty vivono la strada e lo spirito più profondo dell’America alla maniera degli hobo, vagabondi e homeless volontari che fanno del movimento attraverso mezzi di fortuna e della sussistenza tramite lavori occasionali un vero e proprio stile di vita.
Un resoconto di viaggio, dunque, ma anche un manifesto di rivolta, di opposizione all’idea di quell’America più bigotta e intollerante: non a caso Sulla strada è considerato uno dei testi cardine della beat generation, di cui Kerouac e Cassady fecero parte insieme ad altri noti scrittori quali, per esempio, Allen Ginsberg, William Burroughs, Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti.
Il viaggio, dunque, come metafora di libertà e di conoscenza ma anche di rivolta verso una società che riconosce l’individuo unicamente come lavoratore e consumatore. Il viaggio come esplorazione di paesaggi immensi, di enormi metropoli, in un periodo, quello post-bellico, di grande incertezza. Il viaggio come scoperta di un sé interiore, sperimentazione dell’altro, del sesso e dei legami di amicizia. Tutto questo attraverso un uso innovativo del linguaggio e della scrittura: basandosi sulla teorizzazione di una prosa spontanea, Kerouac escogita un nuovo stile, un lessico diverso che si adatta perfettamente alle esperienze on the road. Ma è forse nelle descrizioni dei paesaggi e nei brevi lampi di poesia che l’autore tocca l’apice della sua bravura narrativa, regalando al lettore visioni improvvise e stralci di rara bellezza.
Purtroppo il viaggio non può durare in eterno. Sebbene, infatti, il libro non abbia una conclusione netta e risolutoria, tra le pagine di Sulla strada si subodora già quel senso di sconfitta e di inadeguatezza al vivere che porterà tanto Cassady quanto Kerouac a una tragica morte: il primo, imbottitosi di barbiturici, sarà trovato morto assiderato lungo i binari di una linea ferroviaria del Messico; il secondo cesserà di vivere, all’età di quarantasette anni, a causa di un’emorragia al fegato, devastato da anni di alcol e droga.
(Jack Kerouac, Sulla strada, trad. di Marisa Caramella, Mondadori)
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