“The Odds” degli Evens
di Mattia Pianezzi / 14 gennaio 2013
Ian MacKaye ha cinquant’anni. Pieni. Ex membro dei Fugazi e dei Minor Threat, è un chitarrista, bassista e un fonico. E’ il fondatore di un’etichetta discografica, è un maniaco del controllo, è l’inventore del termine Straight Edge, è un collaboratore a numerosi progetti della scena indipendente americana. Da qualche anno collabora con la compagna Amy Farina nel progetto The Evens, che ha composto il veramente ottimo The Odds.
A parte il sorriso strappato dal titolo, si sente che è qualcosa di matematico la costante dell’album. Perché The Odds è matematica: prendi la chitarra baritona di MacKaye, aggiungi i ritmi (battuti fortissimo) di Farina, aggiungi le due voci perfette insieme, il risultato è piano, un bel numero intero. Ma forse, forse, The Odds in realtà è chimica. È una reazione ben bilanciata, esplode e resta stabile, ogni cosa è perfettamente al suo posto. Un indie rock delicato, ritmato, mai eccessivo, spesso fatto di pause e silenzi puntuali a causa dei soli due strumenti presenti. Le due voci si incastrano e si compensano.
Nonostante il tempo e gli anni che passano MacKaye non ha perso mordente, ma con l’età, come al solito, possiamo dire che sia diventato saggio: i suoi attacchi al sistema sono ragionati, la rabbia punk è passata, ma non i temi, non la voglia di dire. Così in “Wanted Criminals”, forse la più Fugaziana del disco, parla dello stato di controllo americano – senza furore ma con enfasi, ragionandoci, ma senza perdere un colpo. In “Competing With The Till” l’attacco è diretto verso il gestore di un bar che vede i musicisti che suonano per lui solo come mezzi per pagare il proprio affitto, e i suoi clienti come «money’s standing outside» – chiaramente una visione d’insieme del panorama musicale indipendente. La terza “I Do Myself” è un blues allucinato, la storia di un ribelle senza una causa vera, annoiato dalla stabilità.
The Odds non cambierà certo il panorama musicale mondiale; ma questa terza uscita dei The Evens, con echi di un passato post punk che sotto la cenere brucia ancora, prosegue lungo un percorso (quieto, minimale) tracciato anni fa da Farina e MacKaye, un percorso quasi domestico; ritratto sulla copertina dell’album è proprio il figlio dei due.
Senza distorsioni di sorta, grazie a una produzione limpida e al solo – si fa per dire – genio musicale la coppia di Washington D.C. inanella una perla nella compiuta collana del 2012, una perla piccola e sfuggente, di quelle che non vorresti perdere perché sei affezionato. Già dopo il primo ascolto.
(The Evens, The Odds, Dischord, 2012)
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