“Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov

di / 7 marzo 2013

In una calda sera di primavera agli stagni Patriaršie due uomini discutono sull’esistenza di Dio. Si tratta di Michail Aleksandrovič Berlioz, direttore di una rivista letteraria e presidente di una delle più importanti associazioni letterarie di Mosca, il Massolit, e del giovane poeta Ivan Nikolaevič Ponyrëv, detto Bezdomnyj. Il primo contesta al secondo il fatto che nel suo poema su Gesù quest’ultimo viene presentato come una persona realmente esistita, mentre egli, ateo militante, ne nega storicamente l’esistenza. Nel bel mezzo di questa disquisizione teologica al limite dell’eresia, improvvisamente compare un bizzarro personaggio, all’apparenza uno straniero, che si presenta come un professore esperto di magia nera: «Poteva avere una quarantina d’anni o poco più. La bocca un poco storta. Rasato con cura. Bruno. L’occhio destro nero e il sinistro, chissà perché, verde. Sopracciglia nere, ma una più alta dell’altra. Per farla breve si trattava di uno straniero».

Le sue affermazioni sono ancora più singolari del suo aspetto: dice di essere stato a colazione con Kant e di conoscere Ponzio Pilato, ma soprattutto di essere certo che Gesù sia esistito. Di fronte all’insistenza di Berlioz nel sostenere la sua tesi e la falsità della predestinazione dell’uomo, lo strano professore gli preannuncia che quella stessa sera morirà decapitato da un tram guidato da una donna. E così accade. Il giovane poeta, sconvolto, si getta al suo inseguimento non sapendo di rincorrere Satana in persona. Non creduto dalle autorità finirà in manicomio dove conosce uno scrittore (anche se ama definirsi uno “storico”, lasciando ai meschini letterati suoi persecutori tale etichetta) senza nome. Si fa chiamare Maestro. Questi gli racconta la sua storia d’amore con una bellissima donna, Margherita, e la vicenda tormentata del suo romanzo su Ponzio Pilato, la cui stroncatura da parte della critica lo ha fatto precipitare nella follia e internare. Il Maestro è un eroe mancato, un debole, un disperato che brucia il suo manoscritto e si lascia vincere dalla malvagità dei critici.

Romanzo nel romanzo, quello del Maestro si sviluppa all’interno della narrazione principale interrompendola di tanto in tanto. Esso è la riscrittura di un altro testo che egli non considera rispondente alla realtà dei fatti accaduti, un testo sacro per di più: il Vangelo. Il protagonista è Gesù, chiamato con il nome aramaico Jeshua Hanozri, negli attimi finali della sua storia terrena. È una figura più umana di quella ortodossa che emerge dal Nuovo Testamento, che rinnega quanto scritto sulla sua vita dal discepolo Levi Matteo.

L’altro personaggio principale è Ponzio Pilato, procuratore della Giudea, anch’egli al momento di ratificare la condanna del giudeo, preso umanamente dal dubbio e dalla viltà. Woland (questo il nome del diavolo) è protagonista insieme ai suoi accoliti (Behemoth, un grosso e grasso gatto nero parlante, Korov’ev, detto anche Fagotto, un ex maestro di cappella e Azazello, l’addetto alle intimidazioni), di una serie di avventure drammaticamente comiche e incredibili in cui sono coinvolti tantissimi personaggi.

Nella seconda parte del romanzo finalmente fa il suo ingresso sulla scena Margherita, diventandone la vera protagonista: da donna pigra, privilegiata e annoiata da un matrimonio senza amore, subirà un metamorfosi strabiliante una volta catapultata nel mondo oltre il reale di Woland.

Non c’è ne è uno tra i tantissimi personaggi che affollano la Mosca bulgakoviana con il quale ti fermeresti a scambiare quattro chiacchere. Tutta gente meschina e ipocrita che fa della truffa e della delazione la sua seconda pelle. Rappresentando così le sue creature, Bulgakov mette alla berlina la banalità della letteratura prodotta dal “realismo socialista”. La Russia post rivoluzione del ’17 è un vero inferno. Ciò che emerge è un odio profondo e inascoltato per il potere dominante, un sentimento condiviso dai lettori sovietici quanto taciuto e dissimulato, represso nella coscienza di ciascuno. A questa empatia probabilmente si devono lo straordinario successo cheIl Maestro e Margherita ha riscosso per più di vent’anni in Urss sin dalla prima pubblicazione censurata sulla rivista Moskva nel 1966-67, e le critiche e le umiliazioni subite dal suo autore.

Michail Afanas’evič Bulgakov nacque a Kiev nel 1891. Laureatosi in medicina nel 1916, cominciò a lavorare come apprendista medico nella provincia di Smolensk. Da questa esperienza nasceranno Le memorie di un giovane medico, composte nel 1926. Nel 1919 avviene la svolta: Bulgakov abbandona la medicina per dedicarsi totalmente alla letteratura. Già con il suo primo romanzo, La guardia bianca, lo scrittore si scontrò con le autorità sovietiche. La pubblicazione del libro nel 1925 su rivista venne interrotta infatti dalla censura. Dello stesso anno è Cuore di cane, in cui la narrazione è affidata al punto di vista estraniato di un cane, che viene trasformato in ominide da uno scienziato con esiti disastrosi.

Dopo Le uova fatali Diavoleide, Bulgakov si dedica aIl Maestro e Margherita nel 1928, ma la prima versione viene distrutta nel 1930 per sfuggire proprio ai controlli del regime. Ne riprende la stesura l’anno successivo completando questa seconda redazione, già vicina alla definitiva, nel 1936. La terza versione è del ’37, anche se l’autore continua a lavorare di cesello aiutato dalla terza moglie, Elena Sergeevna Silovskaja. Alla quarta stesura metterà mano fino a quattro settimane prima della morte, avvenuta nel marzo del 1940 a soli 48 anni. Il romanzo sarà ultimato dalla moglie l’anno seguente. Bisognerà attendere il 1973 per la pubblicazione in Urss della versione completa, anche se le parti censurate erano già circolate in samizdat, cioè edite in proprio (fenomeno assai diffuso in Unione Sovietica e nei paesi sotto la sua influenza fra anni ’50 e ’60).

Quella che leggiamo noi oggi è la redazione preparata, frutto del lavoro filologico sui manoscritti dell’autore, della studiosa letteraria Lidija Janovskaja. Nel romanzo si sovrappongono tre diverse dimensioni: quella della cronaca contemporanea della Mosca degli anni ’30; quella antica agli albori dell’era cristiana che ha come ambientazione Jershalaim (Gerusalemme); infine quella atemporale e metastorica dove domina il problema del bene e del male e della salvezza dell’uomo.

In questo ferocemente esilarante capolavoro, elementi grotteschi e comico satirici alla Gogol’ si fondono con elementi esistenziali, surreali e fantastici in cui si sente l’influenza di Dostoevskij, ma anche del Faust di Goethe da cui Bulgakov trae l’epigrafe («…chi sei tu, dunque? / Sono parte di quella forza che / eternamente vuole il male / e eternamente opera il Bene»). Proprio quest’ultima svela in realtà la vera natura di Woland, un diavolo a vederlo bene tutt’altro che crudele e terribile, piuttosto uno scompigliatore dell’ordine costituito, un giustiziere rivoluzionario. A fare da concorrente alla sua magia nera è infatti una stregoneria terrena ben più diabolica. Se Lichodeev, il direttore artistico del Teatro di Varietà viene fatto scomparire da Mosca e fatto ricomparire a Jalta, altri, nella capitale russa, venivano quotidianamente fatti sparire: «Una volta, un giorno di festa, capitò nell’appartamento un poliziotto, fece venire in corridoio il secondo inquilino (il cognome del quale è andato perduto) e disse che lo pregavano di fare un salto al vicino commissariato per firmare una certa carta. L’inquilino aveva ordinato ad Anfisa […] di riferire in caso di telefonate che sarebbe rientrato dieci minuti dopo, ma non tornò più del tutto. La cosa più sorprendente fu che con lui, a quanto sembra, sparì per sempre anche il poliziotto. […] “Stregoneria!” dichiara la cameriera Anfisa». La scomparsa dell’inquilino è seguita da quella degli altri inquilini, finché non scompare anche la testimone di tutto, la cameriera Anfisa. Era l’epoca delle purghe staliniane.


(Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita, Garzanti/Mondadori/Einaudi)

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