“Lui è tornato” di Timur Vermes

di / 5 agosto 2013

«In ogni caso, lei non mi sembra una persona violenta».

La bellezza di un libro sta anche nelle domande che suscita. Non solo nelle risposte o nelle sicurezze, ma anche negli spunti di riflessione. Dico questo perché Lui è tornato di Timur Vermes (Bompiani, 2013) di spunti ne offre parecchi. Il primo: chi è tornato? Risposta: Adolf Hitler.

Cosa si può aggiungere ancora sulla figura del Führer? Fino a che punto può spingersi un narratore che usa tale personaggio come protagonista del proprio romanzo? E soprattutto, domanda che lo stesso autore si pone : «Ma si può ridere con e su Hitler?»

Dopo la storiografia, anche l’arte tedesca sta iniziando a fare i conti con Hitler e l’abisso storico e umano connesso. Prendiamo il cinema: da La caduta, fino alla commedia Mein Führer, in cui Goebbels fa uscire da un lager il suo vecchio maestro di recitazione ebreo per supportare un depresso e impacciato Hitler. Lui è tornato è l’ennesimo passo avanti. La successiva seduta di terapia post-trauma. L’arma con cui affrontarla: ancora una volta l’ironia. Lucida, implacabile, spietata e genuina. E ce ne vuole tanta per rispondere all’ennesima domanda: cosa accadrebbe se Adolf Hitler ritornasse in vita ai giorni nostri?

Sia chiaro, Timur Vermes non tratta il tema in maniera scanzonata o dissacrante. Garantisce il valore del libro con una preparazione storica massiccia ed enciclopedica, supportata anche da un apparato di note a fine romanzo. Non si cede mai a fanatismi o estremismi. Per parlare dell’ex capo del NSDAP occorre conoscerlo a fondo. Resuscitarlo. Vermes ha una trovata geniale: far parlare Hitler in prima persona. Non stiamo leggendo il narratore intento a descrivere lo spiazzante ritorno. Con Lui è tornato viviamo il flusso di pensieri del diretto interessato: il mondo secondo gli occhi e i pensieri di Hitler. Proprio come nel Mein Kampf.

La trama: ai giorni nostri, in un anonimo parco di periferia, Adolf Hitler si risveglia. L’ultimo ricordo è quello del bunker, di Eva, dell’arrivo dei russi. Ospitato da un benevolo edicolante (leggendo i giornali si accorgerà del salto temporale), cercherà lui stesso in primis di realizzare come sia stato possibile. Tale spunto narrativo permette un’infinità di riuscitissimi momenti comici. Pensate a Hitler che, fedele alla sua logica e al suo metodo, fa i conti con la Germania attuale: la Merkel, gli immigrati, la televisione, Internet, i cellulari e Starbuck. Il Führer tra i giovani alla moda e YouTube. L’edicolante ospitale lo scambia per un attore comico: gli troverà un ingaggio in tv: «Mi pareva di essere tornato agli inizi degli anni Venti. Con la sola differenza che allora mi ero accaparrato un partito. Questa volta era una trasmissione televisiva».

Sperando d’aver dato tutti gli spunti necessari per invogliare il lettore, diciamo che il pregio maggiore di Lui è tornato è quello di suscitare contemporaneamente la risata e la riflessione. Ogni gag è finalizzata a far riflettere per un attimo su alcuni aspetti drammatici della vicenda Hitler. Vermes riesce con maestria ad analizzare in maniera spietata e cinica la società attuale usando il personaggio più impensabile. Accostando due periodi storici distanti, ma forse non così diversi: ne viene fuori un libro così divertante e riuscito, da risultare tragico. E questa forse è la prima risposta da cui partire.


(Timur Vermes, Lui è tornato, trad. di Francesca Gabelli, Bompiani, 2013, pp. 448, euro 18,50) 

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