“Gemme dell’impressionismo” all’Ara Pacis
di Sabrina Sciabica / 29 ottobre 2013
Sessantotto sono le opere provenienti dalla collezione privata della famiglia Mellon che per la prima volta escono dalla National Gallery of Art di Washington per portare in tour tele esemplari, anche se meno conosciute, dell’impressionismo francese: è stata inaugurata il 23 ottobre scorso al Museo dell’Ara Pacis la mostra Gemme dell’Impressionismo. Dipinti della National Gallery of Art di Washington, visitabile fino al 23 febbraio 2014. Le tappe successive saranno San Francisco, San Antonio, Tokyo e Seattle, mentre alla National Gallery sarà esposto il Galata morente dei Musei Capitolini.
Prima di iniziare il percorso espositivo, diviso in aree tematiche, il caposcuola Monet merita un posto a sé con i colori tenui e delicati del piccolo comune sulla Senna tanto caro agli impressionisti, “Argenteuil” (1872).
Immediatamente la sezione più densa, «En plein air», nella quale si esplicita il concetto base degli impressionisti, ovvero l’idea di portare cavalletto e colori fuori dagli studi, all’aria aperta. A contatto col mondo, per immortalarlo così com’è, per coglierne l’essenza. Qui troviamo i classici di Renoir, “Vendemmiatori” (1879) e “Cogliendo fiori” (1875), lo splendido “Campo di tulipani” di un giovanissimo Van Gogh (1883), insieme ai cavalli di Manet “Alle corse” (1875) e altri oli di Sisley e Pissarro. Tema centrale è il paesaggio. Colpiscono le sfumature di cieli tenui e appena nuvolosi, di prati di erbe fresche e fiori variopinti. Questi professionisti della pittura riescono a dipingere le diverse gradazioni del chiarore del giorno, a entrare dentro la luce e a ricrearla nei loro quadri. Catturano l’attimo fuggente della luce che cambia, nel corso della giornata.
Diverso è il tocco di Cézanne, la cui “Battaglia dell’amore” (1880) è esposta in una parete separata. A questo artista, piuttosto che l’osservazione, interessa la concretezza della natura, la consistenza materica delle cose. La vediamo nei colori più marcati, in un disegno che va al di là delle forme classiche, nelle figure umane che diventano quasi sagome.
Per gli impressionisti l’individuo è considerato un anello della meravigliosa catena che è la perfezione della natura. E viene, quindi, rappresentato nei gesti più quotidiani e informali dell’esistenza. A tal proposito il critico De Goncourt sottolinea di Degas la capacità di «cogliere l’animo della vita». Nelle sue “Ballerine dietro le quinte” (1876), come nelle altre figure della sezione intitolata «Donne, amiche, modelle», non ci sono più figure fredde, rigide e impostate bensì rappresentazioni inedite della vita giornaliera. In quest’area insieme alla celebre “Giovane donna che si pettina” (Renoir 1876), incontriamo Berthe Morisot, unica protagonista femminile del movimento, con “La sorella dell’artista alla finestra” (1869).
Si continua con la sezione dedicata a «Ritratti e autoritratti» – dove riconosciamo dai colori più vivi e decisi l’“Autoritratto dedicato a Carrière” (1888) di Gaugin – e si prosegue con le nature morte di Manet, Cezanne e Renoir.
Le sezioni successive ospitano Eugène Boudin: un precursore del movimento – pittore della Normandia e maestro di Monet, di cui ammiriamo splendide viste della costa, del porto, della spiaggia – e Bonnard e Vuillard, l’eredità dell’Impressionismo – coppia di artisti che condividevano gli stessi ideali. Non è casuale che i loro studi divennero ritrovo per gli intellettuali dell’epoca: da Hugo a Baudelarie, da Mallarmé a Valéry.
Di questi maestri si ammira la manualità, l’abilità coloristica. La capacità di ricreare il vero – «Tutto ciò che è dipinto dal vero ha sempre un’efficacia, una vivacità di tocco, che non si trova in uno studio», scrisse Boudin – e di immortalarlo sulla tela insieme a un pizzico di magia.
L’artista, infatti, possiede la capacità di mettere insieme le categorie del fuori e del dentro. Se è importante osservare la natura e disegnarla, catturandone luminosità e dettagli, è altrettanto importante sentire ciò che si ha dentro. Il mondo esterno, ma anche l’interiorità, entrambi sono fondamentali. Sono, appunto, la creatività, la sensibilità, il gusto e il senso estetico, a permettere al pittore di realizzare tali preziose immagini.
Sono talmente belle, queste tele, che non serve preparazione o studio per apprezzarle. È il dipinto stesso che invita lo spettatore a entrare nell’opera. In tal modo, egli spazia nella magia di quei luoghi per ritornare alla realtà alleggerito, soddisfatto, estasiato.
Gemme dell’Impressionismo. Dipinti della National Gallery of Art di Washington.
Museo dell’Ara Pacis, Lungotevere in Augusta, Roma
23 ottobre 2013-23 febbraio 2014
Per ulteriori informazioni visitare il sito www.arapacis.it
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