“Ologramma per il re” di Dave Eggers

di / 13 gennaio 2014

«Maggiore efficienza senza i sindacati, eliminiamoli. Maggiore efficienza senza operai americani, punto, eliminiamo pure loro. Perché non ho visto arrivare la tempesta? Maggiore efficienza anche senza di me. Accidenti, Kit, rendemmo quella fabbrica così efficiente che diventai superfluo anch’io. Mi ero reso irrilevante». Con Ologramma per il re (Mondadori, 2013), Dave Eggers torna al romanzo attraverso il ritratto commovente e realistico di un uomo contemporaneo, Alan Clay, alle prese con la crisi economica mondiale e quella personalissima in atto nella sua vita.

Alan, l’americano medio, la persona comune: un uomo testardo, incasinato e sfortunato. Un self-made man che nell’epoca del boom economico ha avuto una brillante carriera passando da venditore porta a porta a manager aziendale della gloriosa Schwinn, famosa azienda produttrice di biciclette. Alan che si ritrova ora, a cinquantaquattro anni, a fare i conti con un divorzio, diversi fallimenti in ambito lavorativo e i debiti che lo sommergono. L’ultima occasione per assicurare a se stesso una vita dignitosa, e a sua figlia Kit la possibilità di proseguire gli studi al college, consiste nel vendere, direttamente a re Abdullah, sovrano dell’Arabia Saudita, un sistema IT dotato di un ologramma che permette di assistere a conferenze in 3D. Nella città di Gedda, dove alberga, e di KAEC (King Abdullah Economic City), futuristica metropoli in crescita nel bel mezzo del deserto, dove si reca nella speranza di finire il suo lavoro al più presto, inizia la parossistica attesa di Alan nell’incombenza di vedere il re. Clay vive questa sospensione tra momenti di asettico isolamento all’interno dell’albergo e tuffi improvvisi nell’umanità che lo circonda, impreziositi dagli importanti incontri con l’uomo che gli farà da guida, Yousef, e il medico che lo curerà, la dottoressa Zhara Hakem. Proprio in questi momenti Alan comincia a comprendere quanto scarse siano le sue possibilità di portare a termine il lavoro…

Attraverso le lettere scritte e mai spedite alla figlia e ricorrenti flashback, Eggers lo mostra come ipocondriaco, ritardatario, semialcolista: diviso a metà «tra l’uomo responsabile che avrebbe ingaggiato un autista a peso d’oro per poter fare il suo dovere nella futura città sul mare nel deserto, e quello che sbevazzava nella sua camera d’albergo pugnalando tumori fantasma, prendendo a calci le porte e scrivendo lettere che non era pensabile spedire». Lo scrittore poi, senza voler entrare nella dialettica politica, lascia intendere quello che è il suo pensiero sugli effetti devastanti della globalizzazione e scandaglia la degenerazione del capitalismo e la crisi dei mercati ma soprattutto le conseguenze che questi due fattori hanno nella vita del suo protagonista. Alan, difatti, è un uomo che ha contribuito perfino ad affondare la storia centenaria della “sua” azienda , la Schwinn (storia vera), e fa anche di questo il suo tormento.

Gli effetti perversi della globalizzazione sono infatti il cuore del romanzo, nel quale il sogno americano e l’occidente si sono infranti: una storia che Eggers ci illustra spassionatamente utilizzando al massimo l’alternanza di flashback. Ologramma per il re è stato inserito nella lista dei migliori cinque romanzi del 2012 dal New York Times e diventerà un film con protagonista Tom Hanks e la regia di Tom Tykwer.


(Dave Eggers, Ologramma per il re, trad. di Vincenzo Mantovani, Mondadori, 2013, pp. 281, euro 18,50)

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