“La giornata di un opričnik” di Vladimir Sorokin

di / 22 aprile 2014

Siamo nella Russia zarista del 2027, in un futuro abbastanza prossimo in cui la restaurazione ha fatto il suo drammatico corso, restituendo ai successori dei Romanov l’esercizio legittimo del potere e il monopolio assoluto della violenza. Tutto è decisamente ombroso, fosco, tranne il Cremlino a Mosca, riportato all’originario biancore lattescente dalla volontà del potere restaurato. Le discrepanze tra i ricchi e i poveri sono (come d’altronde spesso capita in quadri del genere) portate al parossismo, e l’arbitrio di ogni minimo e marginale cittadino è soggetto al capriccio della corona. Un’alta muraglia, lunga quanto sono lunghi i suoi confini, rinchiude questa nuova Russia in un opprimente protezionismo di guerra, rendendosi ultima ed estrema testimone del recupero di un becero nazionalismo d’altri tempi a cui affiancare l’odio sempiterno nutrito nei confronti del capitalismo concorrenziale, spettro della peggior specie d’Occidente. In una Russia siffatta, funestata da alcuni dei più negri e tradizionali caratteri propri della distopia letteraria (libri che bruciano, per esempio, o droghe collettive di traslazione dal sapore decisamente dickinao, oppure ancora le gravi minacce, materiali e non, percepite all’ombra di un potente nemico esterno, che in questo caso è la Cina), a mantenere l’ordine sono gli opričniki, agenti letteralmente imbevuti di una bizzarra morale messa a giustificazione del dominio degli zar e della loro politica economica e sociale. Una morale incondizionata e radicale a cui, purtroppo, non si sfugge. Gli opričniki, per loro ventura ma forse anche loro malgrado, sono quindi lo spietato braccio armato dello zar; controllori degli equilibri nazionali, costituiscono l’esercito sensazionale a cui è concessa licenza di far qualsiasi cosa pur di difendere la Patria dai suoi nemici, interni o esterni che siano.

È proprio in tale Russia ombrosa, decadente e ancora memore dei propri antichi fasti, che Vladimir Sorokin ambienta il suo romanzo La giornata di un opričnik (Atmosphere, 2014), allo scopo di donarci l’estratto del diario quotidiano di uno di siffatti arditi controllori fedeli allo zar; un soggetto, come gli altri suoi omologhi, messo a metà strada tra l’ascesi e l’incubo, tra il progressivo procedere verso la santità e il precipizio che dà sull’abisso di quegli inferi che da sempre, bene o male, caratterizzano l’uomo letterario. Ecco che la narrazione procede dalle labbra di un simile spietato superpoliziotto dedito allo stupro e incline alla ferocia. Egli, saturo di un’acritica venerazione nei confronti del potere che lo muove e dirige, persegue la conservazione del vitale protezionismo messo a reggere la sua Russia monarchica in totale e oscura accettazione. E come lui, altri appartengono alla falange messa a difesa della Patria. Si tratta di uomini piuttosto pettoruti, è ovvio, così forti da disprezzare il dolore, da autoinfliggerselo in sollazzevoli giochi e competizioni dal carattere abbastanza sanguinolento, al modo dei più cupi monaci flagellanti che si possano immaginare. Si tratta di uomini uniti da un vincolo superiore, clamoroso, un vincolo cementato anche da rinfrancanti esperienze psicotrope e da ritualità pan-orgiastiche assai omosessuali: il “cingolo”, ossia il centopiedi umano degli opričniki che chiude il romanzo, molteplice bestia dalle giunture fallo-rettali popolato da omoni vicendevolmente incastrati nei bagliori di luce emessi dai propri stessi testicoli lucenti e potenziati dalla medicina biomeccanica cinese – luccicanti in diverse gradazioni di colore in base al grado di servizio nella falange – resterà ben impresso nella memoria del lettore.

La giornata di un opričnik è dunque un libro che, normalmente, avrebbe senza dubbio molto da offrire, soprattutto agli amanti del genere distopico, questo va detto. Tuttavia in questi mesi inquieti, nei quali la Russia d’oggi è protesa verso la riconfigurazione dei propri confini, acquisisce forse un valore immaginativo superiore grazie al quale un futuro letterario piuttosto cruento prende concretezza sempre più palpabile. Perché la guerra è sempre la guerra, non per altro.

(Vladimir Sorokin, La giornata di un opričnik, trad. di Denise Silvestri, Atmosphere libri, 2014, pp. 170, euro 15)

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