“Blood Red Shoes” dei Blood Red Shoes
di Alessio Belli / 28 aprile 2014
Fortunatamente, per la gioia del rock e dei suoi discepoli, esistono dischi così semplici da essere perfetti. I Blood Red Shoes, con il loro nuovo e omonimo disco, ci permettono di affrontare il discorso nella maniera più ampia e riuscita.
Caro lettore, Blood Red Shoes è l’album da mettere nelle cuffie a prima mattina. Quando la giornata ha bisogna di una scossa, o di essere presa nel modo giusto, con la grinta adatta. Nel quarto, e più bel disco del gruppo inglese, troverai tutto ciò di cui hai bisogno per rinnovare la tua fede nel rock e perderti in assoli e cavalcate elettriche.
Ma presentiamo i Blood Red Shoes ai tanti lettori che non li conoscono. La band è un power-duo composto da Laura-Mary Carter, alla chitarra, e Steven Ansell alla batteria. Originari di Brighton, è da qualche anno che il loro nome si impone nell’indie rock mondiale. Con quest’ultimo lavoro lo fanno in maniera indelebile, senza rubare nulla a nessuno.
Anzi, c’è già chi osanna il disco come tra i papabili per il più bello del 2014. Basta l’inizio di “Welcome Home” per capire che non ci sono favoritismi o parzialità. Un minuto e cinquanta, strumentale, in cui viene presentata tutta l’energia e la grinta di Blood Red Shoes. Le chitarre e la batteria si fondano in una scarica eccezionale e non c’è accordo o battito privo di furore.
Di seguito è il turno del fuzz di “Everything All at Once” dove abbiamo anche il piacere di ascoltare le voce dei nostri rocker. Altro singolo, e pezzo forte dell’album, è “An Animal”. Ciò che colpisce al primo impatto – e sarà poi il punto di forza – è la capacità di unire una base musicale feroce a dei ritornelli cantabilissi e d’impatto garantito. Dopo un brano a tratti isterico come “An Animal”, ci pensa la sinuosa voce della Carter a regalarci con “Grey Smoke” una possente e affascinante ballata sporca e elettrica.
Ma non c’è un attimo di pausa in questo treno inarrestabile battezzato Blood Red Shoes: “Far Away” inizia piano, ma è solo un’illusione. Successivamente arriva un altro capolavoro per riff di chitarra e foga ritmica: “The Perfect Mess”. Riuscitissima anche la ballata “Stranger” con la sua base ipnotica e l’ennesima meravigliosa prova vocale della Carter.
Insomma, Blood Red Shoes è uno dei rarissimi dischi del periodo dove non è possibile sorvolare nemmeno su una canzone. Lineare e d’impatto nella sua semplicità e immediatezza, l’album dei Blood Red Shoes dimostra come l’anima pura del rock – quando è genuina e sincera – non ha bisogno di tanti giri o perdite di tempo. Ed è sempre più raro un caso del genere.
(Blood Red Shoes, Blood Red Shoes, Jazz Life, 2014)
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