“Lucy” di Luc Besson

di / 24 settembre 2014

Lucy, come il nome della prima donna, della specie Australophitecus afarensis, ritrovata dagli archeologi Yves Coppens, Donald Johanson, Maurice Taleb e Tom Gray in Etiopia nel 1974. È questo il nome scelto dal regista Luc Besson per la sua nuova eroina. La Lucy di Besson, interpretata da Scarlett Johansson è un altro tipo di prima donna, pioniera di un nuovo livello di consapevolezza.

Mentre è in viaggio di studio a Taiwan, la venticinquenne statunitense Lucy si trova suo malgrado a dover consegnare una valigetta a Mister Jang, un boss della malavita coreana che la accoglie nella sua suite d’albergo ricoperto di sangue. Lucy non sa cosa ci sia nella valigia, ma a Jang non importa. L’unica cosa che gli interessa e di aver trovato un nuovo corriere. Perché Lucy viene anestetizzata, aperta chirurgicamente e usata come contenitore. La valigetta conteneva quattro buste di una nuova droga chimica, il CPH4, sintetizzata in cristalli di un blu acceso. Una delle buste è stata piazzata nell’addome della ragazza per essere introdotta e venduta negli Stati Uniti dall’organizzazione di Jang, solo che l’involucro si rompe, e Lucy ha modo di sperimentare gli effetti della droga, capace di aumentare la capacità cerebrale oltre i limiti umani. Diventando sempre più intelligente e potente, Lucy deve decidere come gestire le sue nuove, enormi, doti e cerca aiuto nell’esperienza in neuro scienze del professor Norman.

Da sempre a Luc Besson piace piazzare donne al centro dei suoi film, da Nikita fino alla Aung San Suu Kyi di The Lady. Si tratta sempre di donne guerriere, in modo diverso, che sanno far valere le loro ragioni e difendersi. A Lucy tocca farlo con le pistole in pugno, e Besson ha modo di scatenarsi.

Se si prende senza nessun tipo di serietà – ed è evidentemente quello che vuole il regista –, Lucy è un action fantascientifico dalla spettacolarità contenuta, con un’ironia basata sul contrasto tra l’ultraconsapevolezza della nuova donna e l’incredulità di chi la circonda e un susseguirsi di sparatorie e inseguimenti che riconducono Besson al suo lavoro di produttore delle serie Transporter Taxxi più che alle sue regie.

Se si vuole provare a dare a Lucy valori ulteriori allora c’è da ridire, e parecchio. In primo luogo perché la premessa fondamentale – l’uomo usa solo il 10% della propria potenzialità cerebrale – è stata smentita in numerosi ambiti scientifici, e già questo indebolisce gran parte del costrutto. Inoltre, le possibilità che si verrebbero a liberare da un ampliamento dell’uso del cervello sono state già immaginate, e di recente, in film come Limitless e Transcendence, il che fa venire meno anche l’elemento dell’originalità. Ma è proprio il confronto che si può fare con Transcendence a evidenziare la differenza di Lucy. Wally Pfister, nel suo esordio alla regia, ci teneva ad avvertire dei rischi di un uso arbitrario di poteri troppo grandi, dei rischi della perdita di umanità che l’ultraumanismo della potenza potrebbe comportare. A Besson non importa di dare lezioni, di dilungarsi in considerazioni o morali o da supereroe Marvel alla «da grandi poteri derivano grandi responsabilità». Tiene i dialoghi al minimo indispensabile, condensa la sua eroina in un’ora e mezzo scarsa di film e non si dilunga in altro che non sia spettacolo.

Fedele alla sua idea di cinema esagerato, ridondante e ironico, Luc Besson si preoccupa esclusivamente di divertire. L’unico messaggio in più che prova a far passare è quello che pone l’uomo in collegamento perenne con la natura, con i suoi istinti, e lo fa alternando immagini da National Geographic ad accelerazioni in CGI, a tratti discutibile, che sfiorano 2001: Odissea nello spazio. Ma Lucy non ha alcuna pretesa di verosimiglianza scientifica o di insegnamento etico, e questo è il suo pregio maggiore, forse l’unico, insieme a Scarlett Johansson che dopo Under the Skin infila un altro personaggio che di umano ha molto poco.

Tornando ai fasti del Quinto elemento, e a quel livello di budget, Besson cerca di coniugare fantascienza, fumetto e gangster movie in stile Hong Kong. Il risultato è confuso, caotico, rumoroso, ma efficace, almeno per quello che riguarda il box-office: siamo già oltre i duecentocinquanta milioni di dollari di incasso in tutto il mondo.

(Lucy, di Luc Besson, 2014, fantascienza, 89’)

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