“Pezzi di vetro” di Alain Mabanckou
Vite, miserie e incontri intorno al bar Credito a morte
di Michele Lupo / 10 febbraio 2015
Spassoso romanzo di Alain Mabanckou, Pezzi di Vetro è l’ultimo fra altri pubblicati in italiano da 66thand2nd dello scrittore congolese nativo di Pointe-Noire (il libro era già stato tradotto anni fa da Morellini). Mabanckou scrive in francese, insegna letteratura a Los Angeles, è autore di un certo successo sia critico che commerciale.
Il centro del libro è un luogo, il bar Credito a morte, il cui proprietario chiede al narratore di celebrare – e tenere così vivo nella memoria altrui – raccontando la vita dei suoi avventori. Pezzi di vetro, il narratore, lo prende in parola, e lascia andare le sue fra i casi di vari personaggi accomunati da un certo gusto alcolico che il locale ovviamente non fa che solleticare. Gente più o meno bizzarra, i frequentatori del locale appaiono talvolta come candidi buontemponi, in altri casi protagonisti di vicende tragicomiche, propensi a condurre una vita ilare e beffarda – e con una spiccata predilezione per il sesso, va detto. Spesso sono tizi afflitti da mogli invadenti e petulanti (col loro corteo di parenti soffocanti e a modo loro perbenino, e timorati di Dio, però sensibili alle tradizionali superstizioni di improbabili stregoni).
Il narratore ascolta, compila il suo quaderno di appunti, prende a cuore le sorti del locale, preso di mira intanto dalla chiesa perché la gente più beve meno prega, soprattutto considerando che il bar si riempie il sabato sera e la messa si fa la domenica mattina: per non dire degli ex alcolizzati e neofiti appassionati della purezza cristallina dell’acqua, o fan della Fanta e dell’Oransoda, che come tutti gli ex e tutti i neofiti sono tendenzialmente integralisti. In tutta questa gazzarra Pezzi di vetro riserva a se stesso un posto come guest star (fintamente restìo a parlare di sé, si decide a farlo perché in quel consesso sarebbe come rifiutarsi di bere in compagnia). Ex maestro elementare malvisto da tutti e praticamente cacciato dalla scuola per le sue intemperanze alcoliche, Pezzi di vetro prepara il gran finale come correndo a perdifiato: cioè attraverso una prosa senza punti, che un po’ simula l’approccio orale di un narratore indifferente alla struttura romanzesca, a una trama, e una lingua sorniona, ironica fino al sarcasmo, ben resa nella traduzione dal bravo Daniele Petruccioli. In un’affabulazione divertita, ricca di echi letterari, Mabanckou lascia andare respiro e fantasia di pari passo, per raccontare un’Africa ancora alle prese con i cascami del colonialismo, degli abusi di potere, dei contraccolpi della migrazione. Il tutto rovesciato in un’energia incontenibile di storiacce sghembe ma vitalissime.
(Alain Mabanckou, Pezzi di vetro, traduzione di Daniele Petruccioli, 66thand2nd, pagg. 192, 16,00 euro)
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