“Dovunque, eternamente”
di Simona Rondolini

Un esordio cupo e raffinato, intriso di musica

di / 2 marzo 2015

Penso che un romanzo sia ben riuscito quando la trama, pur essenziale, diventa un pretesto per trasmettere a chi legge un senso di diffuso malessere.

Dovunque, eternamente (Elliot, 2014) dell’esordiente Simona Rondolini, finalista al Premio Calvino 2013 con menzione speciale della Giuria, è un vulnus profondo e purulento. Pizzica. Ogni tentativo di alleviarne il fastidio è un gesto vano e dannoso. Ogni volta la ferita si riapre. E brucia di più. Rimangono segni, i graffi che arrossano la pelle delicata. Una ferita difficile da rimarginare.

Laura Paliani è la figlia di un famoso e talentuoso direttore d’orchestra, Luigi Paliani, e del «più carismatico astro nascente della lirica italiana», Olga Banti.

Cresce immersa nella musica senza però rivelare alcuna propensione né ambizione. Anche l’avesse, la sua personalità finirebbe, ma di fatto ne viene, stritolata dalle figure eccezionali dei suoi genitori, troppo presi dal proprio genio artistico per pretendere qualcosa dalla figlia o anche solo accorgersi del suo mendicare amore e attenzione sottoponendosi a un rigido programma di studio per essere la prima della classe: «Si impegnava nello studio fino allo sfinimento con un esasperato senso del dovere che le provocava un’ansia costante. La sua carriera scolastica fino a quel momento era stata un susseguirsi delle tappe di un calvario: ne superava una solo per affrontare la successiva, quasi senza soluzione di continuità. Nessuno le aveva mai fatto pressione ma l’esempio di eccellenza incarnato da suo padre e la disciplina ferrea di sua madre non erano passati inosservati. Lo studio assorbiva tutto il suo tempo. Le poche amiche con le quali aveva affinità di solito condividevano questo modo di affrontare gli impegni scolastici, di conseguenza le vedeva pochissimo al di fuori della scuola media, del liceo, dell’università».

Poche relazioni con il mondo esterno e un mondo interiore complesso e tirannico sono una miscela esplosiva destinata a deflagrare alla prima scintilla.

Questa prima scintilla avrà in realtà le proporzioni di un incendio che farà crollare la già fragile serenità familiare: la malattia del padre.

Dapprima manifestatasi in momenti, fra un’esibizione e l’altra, di afasia sempre più lunghi e frequenti, accompagnati da emicranie insopportabili inizialmente attribuite all’eccessivo sforzo fisico e mentale che richiedevano i concerti del ciclo mahleriano, la depressione di Luigi Paliani si fa eclatante e irreversibile fino al suicidio.

Proprio la musica paradossalmente verrà in soccorso della giovane Laura: «Tuttavia, annaspando nella polvere smossa dei crolli, Laura aveva trovato la musica. Dei fiori erano nati in quel deserto, e da radici fradice erano cresciute piante rigogliose e sane. A pensarci, la coglieva uno stupore che non sapeva dire: mai l’avrebbe immaginato che la più grande felicità e il più grande dolore potessero essere tanto stratificati l’uno nell’altra. E a un tratto le parve inevitabile che il meglio e il peggio della vita se ne andassero sempre così, a braccetto, come due innamorati che non si vogliono staccare».

Laura sembra intontita, è alla ricerca di una scossa. I dissapori con la madre la spingono a una fuga neppure troppo convinta. Sembra sempre evitare di scegliere il bene per la sua vita e ogni cosa sembra pioverle addosso, mai razionalmente orientata.

Si troverà sola in una città anonima a sfinirsi in un’azienda in cui si mandano all’ingrasso i conigli e poi si ammazzano per farne confezioni di carne prelibate. È un’esperienza brutale. Ma è ciò che cerca in cuor suo. Vorrebbe eviscerare, come fa con le interiora di quelle povere bestiole, dalla sua vita e memoria tutti i brutti ricordi, le parole non dette, l’amore mai dimostrato.

Non pensa mai che la sua esistenza possa cambiare, possa migliorare addirittura: «Io non lo voglio il futuro. Voglio solo che il presente continui così senza peggiorare».

Ha paura di tutto e soprattutto di rischiare. In questo un po’ somiglia alla figlia “diversa”  della collega Cecilia: «Laura un giorno aveva pensato che lei e Maria non erano tanto diverse. Anche lei avrebbe preferito non cominciare mai a mangiarle, le gelatine, perché una volta che qualcosa comincia poi è inevitabile che finisca, e allora fa molto male».

In questo periodo di necessaria metamorfosi, la musica sarà messa alle porte ma rientrerà nella vita di Laura con la stessa naturalezza con cui era stata estromessa perché la musica è parte del suo mondo interiore, è la sua linfa, l’unico strumento in grado di far vibrare le corde della sua monotonale esistenza. E sarà inevitabile il ritorno a casa.

Dovunque, eternamente è un romanzo cupo e perturbante perché riguarda il senso ultimo del vivere e in cui l’unica possibilità di felicità è quella effimera ma potente della musica, vissuta come una forma di religione che non prevede però alcun dio, una religione portata all’estremo. I protagonisti si spingeranno superbamente ad altezze tali che lo schianto sarà fragoroso.

È un romanzo raffinato e colto. Le descrizioni delle sinfonie di Mahler della prima parte, delle diverse interpretazioni dei vari direttori d’orchestra, dei mondi che le note sono in grado di dipingere davanti allo sguardo trasognato di Laura o in estasi mistica del padre, sono splendide e coinvolgenti.

La scrittrice adotta il punto di vista della protagonista mettendone a nudo la paralisi affettiva: l’amore è impossibile o violento.

La cultura diventa un qualcosa di pericoloso. La collega di fabbrica ha paura dei libri perché i libri illudono, suggeriscono alternative e felicità irrealizzabili nella vita vera.

Dopo aver letto Dovunque, eternamente anche io mi sono convinta che i libri sono pericolosi perché feriscono e quando finiscono, come tutte le cose belle, fanno tanto male.

(Simona Rondolini, Dovunque, eternamente, Elliot, 2014, pp. 320, euro 17,50)

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LA CRITICA

La parabola di Laura Paliani ha a che fare con il senso ultimo dell’esistenza. L’intensità della lingua è altissima. Il fluire dei ragionamenti e dei sentimenti della protagonista è inarrestabile come la musica di Bach. Il voto è molto alto e ricco di future aspettative per questa nuova scrittrice a cui mi piace ricordare, come fa Luigi Paliani con la figlia, la frase di Gustav Mahler: «Desistere prima di raggiungere la perfezione non è cedere di fronte all’impossibile, è soltanto pigrizia».

VOTO

9/10

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