“Contagious – Epidemia mortale” di Henry Hobson
Un inatteso Arnold Schwarzenegger alle prese con gli zombie
di Francesco Vannutelli / 23 giugno 2015
Nel 2013, l’annuncio di un film di zombie con protagonista Arnold Schwarzenegger aveva sollevato molta curiosità, anche perché era evidente sin dalle premesse che non si sarebbe trattato di un classico film dell’ex governatore della California del periodo pre-politico. Un film di azione ed esplosioni, per intenderci, o una di quelle commedie di cui a un certo punto Schwarzy è diventato fortunato protagonista. No, perché Maggie (questo il titolo originale, inspiegabilmente, senza nessuno motivo reale, cambiato per l’edizione italiana in Contagious – Epidemia mortale), il film d’esordio di Henry Robson, regista britannico di spot televisivi, si basa su un copione scritto da John Scott 3 che per anni è circolato negli studios in attesa di essere realizzato, attirando sempre una maggiore attenzione su di se.
In effetti, Maggie ha le premesse tipiche dello zombie movie: c’è un’epidemia del cosiddetto necrovirus che trasforma lentamente le persone in non morti affamati di carne umana. Schwarzenegger interpreta Wade Vogel, un agricoltore che all’inizio del film va a recuperare la figlia Maggie (Abigail Breslin, la bambina di Little Miss Sunshine) in un ospedale. È stata morsa da un contagiato ed è entrata nella fase di incubazione del virus, il padre può riportarla a casa ma sarà tenuta sotto stretta osservazione dalle autorità sanitarie e di polizia, perché non appena il morbo prenderà il sopravvento dovrà essere allontanata dalla famiglia e dai centri abitati e condotta in quarantena. Wade fa di tutto per difenderla, anche quando è ormai evidente che non c’è più niente da fare.
Quello che rende Maggie o Contagious un film di indiscutibile interesse è l’approccio tutto particolare che Robson e Scott 3 hanno scelto nell’avvicinarsi al filone del cinema dei morti viventi. Non siamo di fronte a un horror di stampo classico come i film di Romero, né tanto meno ai survival-action moderni come Resident Evil (le versioni cinematografiche più che i videogiochi) o The Walking Dead. Non si tratta neanche di una metafora per nascondere una critica alla società, come 28 giorni dopo di Danny Boyle, o World War Z. Contagious è un film drammatico che racconta il rapporto tra un padre e una figlia di fronte all’inevitabile destino della malattia. È la dimensione intima e privata del contagio a distinguerlo da tutto quello che si è visto finora al cinema sugli zombie. Ma non è solo questo.
A differenza della stragrande maggioranza di quel siamo abituati a vedere quando si parla di non morti, Contagious contestualizza l’esplosione del necrovirus in degli Stati Uniti che si mantengono ancora civili, in cui le regole e le istituzioni sono ancora al loro posto e anzi amministrano quotidianamente l’emergenza. Gli infetti sono dei malati da assistere. Senza situazioni da legge marziale, con i militari in strada a sostituirsi all’autorità, il dramma della famiglia Vogel passa per una serie di visite mediche per la bambina infetta, con normali sale d’attesa e stetoscopi. È la polizia a preoccuparsi che tutto vada bene, è la polizia che Wade chiama quando si trova davanti due vicini di casa ormai trasformati dal virus ed è costretto a ucciderli. La normalità non è ancora sconvolta: tra opuscoli informativi e ricerca medica si cerca di contrastare il virus e anche l’eliminazione degli infetti passa attraverso una procedura appositamente stabilita. Non ci sono orde di non morti, quando la malattia è allo stadio più avanzato, quando l’odore degli umani inizia a essere odore di cibo, scatta il ricovero in quarantena e la soppressione attraverso un cocktail di farmaci. Al di sotto del livello amministrativo, il quotidiano di Maggie non è cambiato da quando è contagiata. La sua vita continua come prima, esce con gli amici, gioca, ride con il padre. Questa quotidianità a termine, con la certezza inevitabile del virus, porta attraverso Contagious una tesa malinconia, una rassegnata tristezza di quello che sarà.
Il cinema indipendente statunitense ha già fornito versioni alternative di zombie movie, da Benvenuti a Zombieland al recentissimo Life After Beth, concentrandosi però soprattutto sulla commedia. La natura drammatica di Contagious ne fa un caso unico. Sicuramente, la curiosità di vedere una star come Arnold Schwarzenegger in un ruolo del genere rappresenta una delle principali ragioni di attrazione del film. L’ex Mister Olympia fa tutto quello che deve e probabilmente Wade Vogel rappresenta la migliore interpretazione della sua carriera. È sorprendente, davvero, come riesca a rendere il dolore compassato di un padre, a far dimenticare la consueta immagine di duro che lo accompagna ancora adesso alla soglia dei settant’anni (tornerà tra poco nel nuovo Terminator Genisys) mettendo i panni di un normalissimo uomo di campagna, a duettare con naturalezza con Abigail Breslin, che conferma sempre più il suo valore di attrice. Andando oltre però la curiosità per Schwarzenegger, Contagious è un esordio che riesce a mantenere le premesse interessanti offerte dallo spunto di partenza. Tutto sommato funzionerebbe anche senza essere uno zombie movie, perché la vera trama è il rapporto padre-figlia. Sarebbe bastata una malattia qualsiasi. Così, con il necrovirus, Contagious diventa qualcosa di totalmente nuovo.
(Contagious – Epidemia mortale, di Henry Hobson, 2015, drammatico, 97’)
LA CRITICA
Arnold Schwarzenegger alle prese con gli zombie. Eppure non si tratta di un action dal sapore anni Ottanta ma di un intenso, cupo, dramma intimo sul rapporto padre-figlia. Una sorpresa, sia per la carriera d’attore di Schwarzy, sia per la capacità dell’esordiente Hobson di contaminare i generi e sorpassarli.
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