“Questi sono i nomi”
di Tommy Wieringa

La memoria culturale dell’occidente

di / 25 giugno 2015

Questi sono i nomi di Tommy Wieringa (Iperborea, 2014). Due storie, solo apparentemente distanti. Da una parte un gruppo di profughi, smarriti, alla ricerca di un confine incerto da varcare. Ognuno con una diversa provenienza, ma uniti dal tentativo di dare una svolta al proprio destino. Dall’altra parte un poliziotto non più giovane. Una mattina si sveglia e si accorge che il suo piede è diventato freddo. Si aggira nel labirinto della sua memoria una canzone in lingua yiddish, che la madre gli cantava quando era bambino. Decide così di ripercorrerne le tracce e di decifrarne il senso oscuro.

Il luoghi sono quelli dell’Asia centrale, del Turkmenistan, con il deserto e la steppa. Il tempo è immobile, sospeso tra un’era moderna e un passato ancestrale e mitologico.

Wieringa ci racconta di un viaggio attraverso un territorio che ha orizzonti sconfinati, le privazioni e gli sforzi fisici dei protagonisti, dei loro corpi che si trasformano insieme alla loro indole. Le convenzioni sociali si perdono, lasciate dietro alle spalle, così come le proprie origini.

In questa quasi ossessiva descrizione sembra di percepire la sofferenza dei personaggi e allo stesso tempo di comprendere quella delle centinaia e centinaia di persone che affrontano simili viaggi realmente.

Lentamente siamo proiettati in una doppia dimensione, quella del presente in cui si muove il gruppo alla ricerca del confine e quello in cui ci conduce Pontus Beg, il poliziotto, indagando sulla propria spiritualità, un tempo biblico, il tempo degli ebrei in fuga dalla schiavitù e alla volta della terra promessa.

Wieringa, storico di formazione, traccia un interessante excursus sulle vicende del popolo ebraico, un percorso segnato dall’esodo, dal diffondersi in Europa durante il Medioevo dell’immagine dell’ebreo errante, per arrivare infine alla Shoah e ai giorni nostri. Un parallelismo questo che ci dà modo di ricordare e riflettere sulla natura delle grandi religioni nelle società occidentali.

Ma Pontus Beg si pone anche un’altra questione fondamentale, che non ha solo a che fare con la fede. Il poliziotto si domanda cosa voglia dire realmente appartenere a una comunità, in particolare quella ebraica, ma in fin dei conti non solo. Si tratta di sangue, di eredità biologica o invece è sufficiente essere in grado di condividere codici etici, di comportamento e rituali?

Quel che è certo è che deve esistere un capro espiatorio. Qualcuno deve assumersi il peso della responsabilità e del destino avverso che si staglia davanti alla collettività. Solo così questa avrà la possibilità di rimanere unita. Unita intorno alla sua testa.

 

(Tommy Wieringa, Questi sono i nomi, trad. di C. Cozzi e C. Di Palermo, Iperborea, 2014, pp. 336, euro 17)

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LA CRITICA

Le avventure dei personaggi, alla costante ricerca di una seconda chance per le proprie esistenze, sono descritte con uno stile asciutto e un ritmo incalzante. Questo permette a Wieringa di affrontare temi complessi come quello della religione o della  povertà da un punto di vista diverso dal solito, riuscendo a rimanerne distaccato e senza banalizzare i fenomeni o scivolare i facili sentimentalismi. Un romanzo originale, soprattutto attuale.

VOTO

7/10

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