”Manuale di sopravvivenza
all’uomo sbagliato”
di Gilda Bisceglia
Per non confondere il bisogno con la soluzione
di Cristiana Saporito / 4 novembre 2015
Sia chiaro. Il tema sfoderato è d’importanza capitale. Capace d’inerpicarsi in profondità inattese.
Di pizzicare il nucleo, provando anche a sbucciarlo. Qualcuno penserà alla pestifera minaccia del sedicente Stato Islamico, qualche altro alla conservazione della biosfera e agli equilibri farinosi del sistema idrogeologico.
C’è poi chi è convinto che l’armonia interstellare dipenda dalla legalizzazione delle droghe leggere o dall’elaborazione dell’outfit adeguato all’apericena, ma per loro sono in commercio pubblicazioni specifiche. Qui l’argomento scotta. O quanto meno soffrigge.
E già il titolo suggerisce ebollizioni. Manuale di sopravvivenza all’uomo sbagliato di Gilda Bisceglia (Memori, 2015).
Un guizzante prontuario degli abbagli da uomo ideale che tutte le donne (o quante più possibili, immagino per l’autrice) dovrebbero ospitare in borsetta, assieme al correttore per le occhiaie e allo spray al peperoncino. A imbastirlo, ovviamente una donna, Gilda Bisceglia, che prima di aver concepito un progetto di simile ontologica portata, deve averne tracannate di conversazioni tragicomiche, fluidificate da diluvi di vario prosecco, confortando o funestando amiche a perdita di rubrica, con aneddoti ai limiti del nonsenso sull’ultimo acchiappo più o meno urbano.
Il problema, ormai è quasi pleonastico puntualizzarlo, è l’endemica penuria di uomini normodotati. Almeno su scala nazionale. Diciamo che, per mia personalissima rettifica, anche l’aggettivo risulta ridondante. Ci si potrebbe fermare prima. E infatti si resta paralizzate.
Se lo chiedeva un paio d’anni fa anche Simone Perotti, voce autocritica del libro Dove sono gli uomini?
Ecco, fino al momento non ha risposto nessuno. Quindi è altamente presumibile che le domande continuino a grondare. Per amor di onestà casistica, è assodato che, esorbitando dalla crescente fascia di disinteressati al mondo degli estrogeni (se non ovviamente per assumerli in prima persona e cominciare a trafficare col reggiseno ergonomico senza ferretto), la fetta restante, piuttosto esigua soprattutto da Roma in su, annovera al suo interno un misto frutta di categorie inquietanti, che Bisceglia non manca d’inquadrare, col suo approccio furbesco e multidisciplinare.
Zampettando da Seneca a Bay Watch, dai tassi marginali di sostituzione alle forze intermolecolari di Van der Waals, la giornalista spiattella apertamente tutte le tipologie maschili rintracciabili su piazza, prospettando uno scenario piuttosto ombreggiato, in confronto a cui il Medioevo praticamente era illuminato al neon.
Dal «seduttore seriale» al «nidificatore», passando attraverso il «galluccio di Ferragosto» e «l’alchemico metafisico», il pantone cromatico dipinge sempre la stessa smorfia. Preludio di una fuga che avrebbe sbalordito anche Bach. Sì, perché il minimo comun denominatore comportamentale, si rivela sempre il medesimo: imboccare la via d’uscita. Spesso quella sul retro.
E così l’autrice, prima di farci imbattere nell’ennesima profezia che si autoavvera, stilla una serie di consigli su come prevenire il morbo, attenendosi semplicemente ai primordiali sintomi che l’ominiforme di turno disperde lungo il (breve) cammino. «Dirà di amarvi quando ancora non avete imparato bene il suo cognome, al secondo appuntamento vi presenterà come la fidanzata ufficiale ad amici importanti, farà cose che sembreranno bizzarre ma vi piaceranno […] Tutte balle, sta solo sondando quanto siano forti la difese da smontare e calibrando i pesi. […] Sarete costantemente monitorate, il cacciatore non perde mai di vista la preda, solo così può scegliere il momento ottimale per consumare il generoso pasto.»
Insomma, a quanto pare la fenomenologia del soggetto bidone presenta infinite variazioni e sottocategorie. C’è chi mira solo a testare l’effetto dell’ammorbidente ecologico sul nuovo set di lenzuola e quindi dopo l’ultimo orizzontale spasimo tenderà a nebulizzarsi come un deodorante per ambiente; chi reputa di aver agguantato la donna definitiva solo finché non parlerà senza essere interpellata, mostrando accenni di attività neuronale superiori a uno zainetto Invicta; chi cerca nell’altra pretesti d’inadeguatezza solo per perpetuare la sua ricerca all’infinito.
Le cause di una tale desertificazione testosteronica, abbinata a un’altrettanto desolante inconsistenza strutturale, potrebbero sottrarre molte più ore e molte più pagine di quelle che sia io che Gilda Bisceglia possiamo permetterci. Tanto per esemplificare, i centrifugati d’ipotesi sono assai articolati e annettono tra i macro imputati soprattutto l’emancipazione femminile post ’68, con la limitata concessione del part time alle mamme, la spudorata ostentazione del corpo, le pari opportunità di carriera, la condivisione dei doveri domestici, la minigonna e forse, come sosteneva Troisi, anche il grammofono.
Ma ad essere colpevolizzato è anche l’ambiente chimico in cui viviamo, così gonfio di cibi adulterati e particelle plastiche da sedare i consueti livelli ormonali. È anche da aggiungere che in un mondo di contatti liquefatti in cui basta un clic per fare o disfare amicizia, s’innesta l’illusione che siamo tutti intercambiabili, basta solo sbirciare un altro account. Non c’è fatica, quindi non c’è speranza.
Ad ogni modo, ciò che conta è il risultato. Un risultato che confina col nulla, è vero.
Ma, come giustamente indica l’autrice col suo tocco arguto e sempre ironico, la sola possibilità per una donna è quella di saper osservare. Di farsi consapevole e di non lasciarsi soggiogare dal bisogno di qualcuno, da un qualunque antidoto alla solitudine.
Perché la solitudine in compagnia è ancora più assordante. Insomma, spesso e volentieri, non ci sono vittime degli uomini, ma solo del proprio desiderio di raccattarne uno, purché sia.
Quindi magari, prima di credere che il copione di una commedia americana iperglicemica possa travasarsi nella nostra vita alla fermata del 23, sarebbe meglio apprezzare ciò che siamo, la libertà che abbiamo, anche di sentirsi sole. Lo scrive una donna sposata, certo, ma che prima di farlo ha intercettato almeno sette di questi soavi tipi. Rispetto ai quali sarebbe stato molto meglio anche la rottura del femore, ma di sicuro l’intrattenimento di un buon libro. Se fosse servito, compreso questo.
(Gilda Bisceglia, Manuale di sopravvivenza all’uomo sbagliato, Memori, 2015, pp. 160, euro 16,50)
LA CRITICA
Classificazione sarcastica e ritmata delle tipologie maschili e soprattutto manuale difensivo della donna accorta. Perché sia attenta a non confondere un bisogno con la soluzione.
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