“Anime baltiche”
di Jan Brokken
Viaggio in un cruciale ma dimenticato pezzo d’Europa
di Daniele De Cristofaro / 25 novembre 2015
Mentre in Europa occidentale si svolgevano le vicende che avrebbero influito su gran parte dell’odierno assetto politico, a cavallo tra le due guerre, lungo la costa orientale del Mar Baltico, all’ombra delle due grandi potenze Russia e Germania, le tre repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia e Lituania soffrivano e lottavano per giungere finalmente a conquistare la propria indipendenza. Cosa che avvenne, in maniera definitiva, solo nel 1991.
Alla fine della Grande Guerra, con la sconfitta della Germania e il ritiro dal conflitto della Russia, i popoli baltici ottennero una prima indipendenza. Siamo nel 1918, anno in cui vennero proclamate le repubbliche: l’inizio di un sogno di libertà e autonomia, di rinascita di identità nazionale che purtroppo, nonostante la politica di equidistanza adottata nei confronti di Germania e Unione Sovietica, si infranse miseramente durante il secondo conflitto mondiale.
Nel 1939, infatti, il patto fra Stalin e Hitler, detto anche patto Molotov- Ribbentrop, permise all’Unione Sovietica di invadere le repubbliche baltiche e annetterle al proprio territorio. Queste ultime opposero ben poca resistenza, soprattutto per la condizione d’isolamento internazionale in cui si trovavano – tutto ciò accadeva sotto gli occhi spenti dell’Occidente, che era impegnato su altri fronti – sebbene, con la dichiarazione di Welles del 1940 il fronte occidentale dichiarava di non riconoscere l’occupazione russa di quei territori, anche se tale dissenso non andava oltre il piano diplomatico.
Dunque una popolazione abbandonata al proprio destino, quella baltica, schiacciata e oppressa dai due mostri Scilla e Cariddi, l’Urss e la Germania nazista.
Nel Giugno del 1941 Hitler violò il patto con Stalin e attaccò l’Unione Sovietica: ebbe così inizio l’occupazione tedesca delle regioni baltiche. Spezzato temporaneamente il giogo russo, i nazionalisti baltici rialzarono un poco il capo e videro riaccendersi la speranza di ottenere l’indipendenza mediante la collaborazione coi tedeschi. Speranza tristemente delusa dalla repressione nazista, violenta al pari di quella russa.
La successiva sconfitta dei tedeschi segnò il ritorno delle repubbliche sotto l’egemonia sovietica: per la seconda volta i russi occuparono il territorio baltico imponendo rigidamente le istituzioni sociali, politiche, economiche e culturali proprie del regime sovietico e deportando in Siberia migliaia di estoni, lettoni e lituani dissidenti.
Sotto l’influsso di questi tristi eventi, sotto le vessazioni e le prepotenze subite a opera dei due regimi totalitari, la popolazione baltica sviluppò il suo carattere in chiave umana ed esistenziale prima che storica.
Tra il 1999 e il 2010 l’itinerante scrittore olandese Jan Brokken visita diversi luoghi dell’Estonia, della Lituania e della Lettonia, allo scopo di riunire in un libro una raccolta di biografie di personaggi per lo più celebri ma anche comuni, che prende il titolo di Anime baltiche (Iperborea, 2014).
Mediante un sapiente gioco narrativo che fonde eventi presenti, flashback e ricostruzioni storiche, lo scrittore compone un grande puzzle da cui affiora l’essenza dell’“anima baltica”: una commistione di abiura del passato, emarginazione, sradicamento e inadeguatezza che caratterizza per lo più ciò che è stata la reazione di chi subì gli eventi storici sopra esposti.
Una raccolta di biografie accomunate dallo scorrere tutte sul filo del rasoio della storia: vite amputate, esiliate, alcune più combattive e desiderose di rivalsa, ma la maggior parte chiuse in un rigido rifiuto del vissuto precedente. Uno spirito, quello baltico, impedito nella ricerca della propria identità, braccato e rassegnato, avvilito ma desideroso, in un primo momento, di evadere fisicamente, di fuggire per poi rifiutare e, infine, addirittura mistificare il proprio passato.
Nonostante ciò, nelle svariate vicende biografiche riportate emergono profili di personaggi geniali, tra i quali spiccano soprattutto Mark Rothko, Hanna Arendt, Roman Gary, Gidon Kremer, i quali, chi più felicemente e chi meno, sono riusciti a sanare le ferite dell’ingiustizia storica mediante la realizzazione personale nel campo dell’arte, della letteratura e della musica.
Ma non solo, la raccolta include anche le vicende di persone comuni, di famiglie, che malgrado l’umiliazione o l’esilio o il fallimento hanno dato prova di grande forza interiore.
Infine, da questo groviglio di vicende dissimili e articolate in tempi, luoghi e condizioni più o meno diverse emerge come sunto la convinzione postmoderna che il pittore estone Arvo Pärt fece sua: «Del passato dobbiamo conservare tutto ciò che ci sembra buono e respingere quello che riteniamo non esserlo».
(Jan Brokken, Anime baltiche, trad. di Claudia Cozzi e Claudia Di Palermo, Iperborea, 2014, pp. 501, euro 19,50)
LA CRITICA
Ogni capitolo è una storia a sé e chi ama il genere letterario delle biografie non può che rimanere molto soddisfatto per come Brokken descrive i personaggi, il loro profilo psicologico e le loro vicende.
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