La brutalità della vita in un Kentucky dimenticato
“Nelle terre di nessuno”, raccolta di racconti di Chris Offutt
di Daria De Pascale / 27 febbraio 2018
I racconti di Nelle terre di nessuno (Minimum Fax, 2017), raccolta dello scrittore americano Chris Offutt, sono ambientati in un Kentucky abbandonato, estrema periferia del mondo nel Paese delle opportunità, in un tempo indefinito che solo gli oggetti della vita quotidiana – i pick-up, la corrente elettrica, il biliardo – permettono di collocare in una qualche modernità. Essa non rappresenta però un miglioramento nella vita degli abitanti di questi villaggi sulle colline, sia perché si tratta solo di apparenza – i bagni fuori casa, le notti buie e le lunghissime camminate nella neve sono memoria viva anche per i più giovani –, sia perché la modernità sembra aver sancito il definitivo abbandono di quella terra a se stessa; la sua, si potrebbe dire, cancellazione dalle mappe del mondo.
Non a caso, abbandonati sono anche i protagonisti dei racconti di Offutt, adulti e bambini presi dalla lotta alla sopravvivenza quotidiana sulle colline, in una terra piena di pericoli antichi – il freddo, l’asprezza della natura, la ferocia degli animali – e nuovi – il lavoro nelle miniere, il degrado, l’alienazione della povertà senza via d’uscita.
Sullo sfondo c’è il mondo esterno: Rocksalt, la città che quasi per nessuno è un’opportunità di riscatto, e lo Stato, aperto ad accogliere e offrire assistenza a chi ha il coraggio di cercarla, ma incapace di fare quel passo in più per arrivare a un vero cambiamento, e perciò, in definitiva, inutile e rifiutato dagli stessi protagonisti.
Per loro, non c’è altro se non il contare su se stessi, sul proprio istinto, sulla propria capacità di sentire il pericolo; c’è il vivere sempre sull’orlo del precipizio, come tutti, lì, hanno sempre fatto. A difenderli, ci sono abitazioni e famiglie mai stabili, che scivolano nel terreno carico di pioggia come in Tirar su case; che scompaiono sulle cime delle colline come nel racconto del vecchio Tar Cutler in Luna calante. C’è l’alcool, a scaldare gli animi e annebbiare la sensazione di impotenza davanti a una vita di cui non si è padroni.
Ci sono le armi: pistole, fucili da caccia, con cui vender cara la pelle o vendicarsi dei torti subiti, anche a costo di provocare altre tragedie.
E proprio qui, forse, sta ciò che rende in alcuni passaggi la lettura di Nelle terre di nessuno faticosa. La morte è sempre in agguato, per i personaggi di Offutt: la crudeltà della vita che conducono la rende sempre una possibilità reale, pronta a prenderli al prossimo passo.
Offutt sembra indulgere fin troppo su questo tema, in un modo a tratti immotivato: la morte coglie in ogni momento gli uomini e gli animali – i puma, gli orsi che abitano le colline, come anche i fedeli cani da caccia, uccisi a sangue freddo per aver sbagliato una pista –, e la violenza che si abbatte su tutti appare a volte più un modo come un altro per disturbare il lettore con il sangue, per ribadire una sofferenza già abbastanza esplicita. In alcuni casi, si ha persino la sensazione che la morte di qualcuno, imprevista e non preparata adeguatamente nel corso della narrazione, sia l’unico modo per far funzionare il racconto, per portarlo a una conclusione. E poiché il gioco è chiaro abbastanza presto, i racconti – per il resto ben congegnati, con personaggi tutti simili eppure tutti diversi, membri disgregati di un’unica comunità – perdono rapidamente l’attrattiva che potrebbero avere.
Qua e là, però, tra una persona schiacciata da un albero caduto e un orso scuoiato, si intravede una luce: nell’amore semplice ma indissolubile tra un uomo e una donna, ostacolato da uno spirito antico delle colline; nella rivalsa di un giovane che decide finalmente di cercare altrove una vita migliore; nelle piccole cose che rendono gli uomini straordinari emerge la vera forza espressiva dello scrittore americano, una sensibilità umana che sarebbe bello poter trovare di più, anche nel buio delle colline tra Lick Fort Creek e Blue Lick River.
Nelle terre di nessuno racconta senza sconti la brutalità della vita in un’America dimenticata, dove un tempo migliore non c’è mai stato ma sembra non esserci mai fine al peggio, e dove un’umanità spezzata conduce esistenze ridotte alla mera vita, senza speranza di vero cambiamento, ma non per questo prive di amore, di sofferenza e di rari barlumi di redenzione.
(Chris Offutt, Nelle terre di nessuno, trad. di Roberto Serrai, minimum fax, euro 17, pp. 156)
LA CRITICA
Voci feroci di un’America dimenticata, attraenti ma a volte di una brutalità che ne disperde il potenziale espressivo.
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