Storie di uomini e di marijuana
"Gli stonati" a cura di Alessio Romano
di Federico Musardo / 20 marzo 2018
Gli stonati. Manifesto letterario per la legalizzazione della cannabis (a cura di Alessio Romani, Neo Edizioni, 2017) è suddiviso in quattro usi alternativi: personale (che include testi di Renzo Paris, Federica De Paolis, Massimiliano Santarossa, Marco Drago, Corrado Fortuna e Alessandro Berselli), occasionale (Paolo Zardi, Melissa Panarello, Luca Scarlini e Simone Gambacorta), ricreativo (Gianluca Morozzi, Barbara Di Gregorio, Piergiorgio Pulixi, Carlo Vanin e Yasmin Incretolli), terapeutico (Francesca Bertuzzi, Stefano Bonazzi, Alberto Petrelli e Romano De Marco).
A chiusura del volume è posta una quinta e ultima sezione: Svuotini d’autore, costituita dagli scritti già editi altrove di Marco Vichi (da Morte a Firenze. Un’indagine del commissario Bordelli, Guanda 2009), Gaetano Cappelli (da Parenti lontani, Marsilio, 2011) e Sandro Veronesi (da Caos calmo, La Nave di Teseo, 2016; precedentemente Bompiani, 2015). Una ragione extratestuale per cui dovremmo leggere questo libro, dedicato alla memoria di Marco Pannella, sta nella devoluzione dei diritti d’autore all’Associazione Luca Coscioni per la sua campagna di antiproibizionismo, perché ciò testimonia come questi scrittori, con più o meno aderenza alla causa della legalizzazione, dimostrino una grande coerenza con il loro oggetto letterario, il tema della cannabis, e come questo travalichi i confini della carta stampata per collimare con la realtà. Ogni libro è ideologico, ogni parola è già un’interpretazione e agli stonati, indubbiamente onesti, bisogna riconoscere una sincera chiarezza nel raccontare ciò che cercano e sperano.
La grande eterogeneità degli autori che hanno contribuito a questo volume non dà modo ai lettori di potersi annoiare. Forse sarebbe stato interessante leggere e conoscere anche un pensiero risolutamente contrario alla liberalizzazione della marijuana. Ma sarebbe un’obiezione debole, perché già dalla copertina è trasparente che si tratta di un manifesto a favore e non contrario all’uso di cannabis. Sarebbe stato poi curioso sapere che cosa avrebbero pensato gli autori a proposito della cosiddetta cannabis light che con un’interpretazione piuttosto scaltra della legge viene ormai venduta un po’ dovunque. Sarebbe interessante, ad esempio, sapere se la vendita di quella che non è cannabis viene interpretata come una provocazione oppure come un inutile palliativo. Nessuno degli scrittori si è purtroppo soffermato, perlomeno non a sufficienza, sulla nocività della marijuana che si compra per strada, una materia non più prima, diametralmente opposta a quella naturale che è possibile consumare in certe altre realtà.
Questi scritti, banalizzando, sono variazioni sul tema della marijuana. Nessuno in fondo è contrario alla sua legalizzazione, anche se talvolta, con sagacia, vengono esposte per rapidi cenni e subito neutralizzate le possibili obiezioni di chi è contrario. Il lettore scoprirà alcune dialettiche ricorrenti attraverso cui gli scrittori cercano spesso di conferire un significato a un luogo comune, provando a leggerlo da un’altra prospettiva, come quello delle droghe leggere in opposizione a quelle pesanti, o il problema della liberazione per le organizzazioni criminali, o le differenze generazionali.
Il luogo comune vuole che la cannabis intrattenga con le droghe pesanti un rapporto ambivalente. Molti sanno che si tratta di sostanze diverse ma altrettanti credono fermamente che per un passaggio solo apparentemente indolore si arrivi al consumo di droghe più pesanti e mortali (per esempio cocaina, eroina, metadone o più recentemente il fentanyl): «Siamo quasi arrivati quando Ringhy sussurra: “Noi no, noi non finiamo così, come i tossici. Noi con la roba no”» (Massimiliano Santarossa, Figli d’asfalto, p.31).
«Lei era Patrizia, una torinese sveglia, ex eroinomane, forse ancora eroinomane. Lui era Giustino, un campagnolo furbo ma non intelligente, eroinomane. Quindi anche lei era eroinomane, ma non ce lo dicevano, nessuno provava ad accennare all’esistenza di una sostanza chiamata “eroina”. Era una presenza pesantissima ma invisibile» (Marco Drago, Francisco, p.37).
Santarossa, Drago e gli altri autori, tuttavia, hanno saputo come sensibilizzare su un luogo comune così radicato nell’immaginario che la sua demistificazione richiede molta fatica. Nella Casa al mare di Simone Gambacorta sarà perfino un prete a fumare, anziché fare una ramanzina all’adolescente disobbediente.
Corrado Fortuna e Piergiorgio Pulixi, per esempio, raccontano anche il rapporto tra marijuana e mafie: «“I miei clienti vorrebbero chiederle consiglio sulla legalizzazione delle droghe leggere nel nostro Paese…” Zambada lo bloccò afferrandogli una spalla. “Non fatevi fottere anche voi con questa storia, hermano. O meglio: organizzatevi per tempo, perché la legalizzazione può distruggervi”» (Piergiorgio Pulixi, Il male minore, p.111).
Nella storia di Romano De Marco, la morte sconosciuta e anonima di un ragazzo che spacciava fa cambiare idea al commissario protagonista: «No, aspetta, fammi finire. Volevo dire che, benché la pensi così, riflettendoci, ammetto che l’ipotesi di legalizzazione ha senso. Perché dietro lo spaccio ci sono interessi criminali, organizzazioni senza scrupoli, e gente che muore».
È con Un bambino così bravo di Alessandro Berselli che fa la sua comparsa all’interno della raccolta quella dialettica interrotta tra le generazioni che rappresenta una delle presenze più ricorrenti tra questi autori. Spesso sarà un dialogo impossibile, con orizzonti esistenziali agli antipodi, insomma visioni del mondo che confliggono e portano all’incomunicabilità. «Non è droga! È la medicina che mi aiuta a non drogarmi! Mamma! Papà! Non mi drogo più!» (Barbara di Gregorio, Bestemmia, p.101).
Concludendo, per questi autori la marijuana è anche un pretesto per arrivare ad altro, per raccontare una storia o per raccontarsi: «E come fece il forestiero con lui, anch’egli decise di servirsi del potere della gentilezza: “Se questa pianta porta conciliazione, forse i suoi semi sono i semi d’una società migliore; o almeno questo è ciò che credo, per quanto possa risultare ingenuo. Perciò vorrei che tutti quanti la conoscano, contribuendo alla sua diffusione”» (Yasmin Incretolli, Cannabis Tale, p.139).
(Gli stonati. Manifesto letterario per la legalizzazione della cannabis, a cura di Alessio Romano, Neo Edizioni, 2017, 224 pp, € 16,00)
LA CRITICA
Gli Stonati di questa raccolta ci fanno riflettere e sorridere. Come si legge già dalla copertina, il libro è «una chiamata alle armi».
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