Il celebre anglista

“Praz” di Raffaele Manica

di / 28 settembre 2018

Pensavo di avere di avere tra le mani una sorta di biografia di Mario Praz, un piccolo libro di curiosità sulla figura del celebre saggista. Frutto del malinteso, probabilmente, il laconico titolo, appunto, Praz. Mi sono trovato, così, a tagliare le pagine (la collana Piccola biblioteca di letteratura inutile della casa editrice ItaloSvevo obbliga al taglio del quinterno) di un saggio che analizza in quattro capitoli – preceduti da un’introduzione – altrettanti temi legati all’attività del noto anglista: Croce e il diavolo, l’elzeviro, il viaggio, Roma.

Si tratta, quindi, di un testo sull’attività saggistica di Praz, ma grazie a un’analisi in qualche modo “decentrata”, come l’ha definita Fabrizio Coscia, Raffaele Manica inserisce qua e là curiosità biografiche per accendere l’attenzione del lettore. Tra queste, il racconto dello stesso Praz sull’inizio, quasi casuale, della sua carriera di saggista, che si deve a Giovanni Papini. Fu lui a spingere l’allora giovane traduttore a scrivere quello che sarebbe diventato I saggi di Elia di Charles Lamb, nel 1924. Riguardo, poi, la nota fama di jettatore – veniva in genere chiamato il “celebre anglista” –, si fa cenno alla sua consapevolezza e a come egli affrontasse la questione con grande intelligenza e spirito.

Da questo racconto non analitico di una parte della produzione di Praz, affiora il ritratto di un uomo eccentrico, con un gusto per epoche passate, un saggista dal punto di vista obliquo e raffinato, guidato da un metodo non ortodosso, capriccioso e in controtendenza con le mode del suo tempo. Questo suo non essere alla moda gli ha permesso di superare le mode e consolidare la sua fortuna di autore di alcuni importanti saggi, non solo in ambito anglistico, diventati sin da subito dei classici.

La scrittura di Manica non è sicuramente per il lettore distratto, né per chi si aspetta di poter leggiucchiare qualche parola qui e lì per poi arrivare alle conclusioni. L’autore costringe il lettore a seguirlo, non solo nei lunghi e complicati incisi, ma anche nelle continue erudite citazioni e talvolta in ardite similitudini.

«Ora al modo dell’aruspice ora con esperimenti elettrici su corpi morti, Praz può emettere diagnosi, ma senza segnare la cura; non medico ma esperto custode, si è dato il compito di chi apre gli armadi, mostrando quanto il tempo ha conservato sotto formalina».

Si può incontrare qualche difficoltà a seguire alcune allusioni a vicende critiche poco note, mentre, per altre più conosciute, come la famosa diatriba con Croce, la lettura risulta chiarificatrice. In definitiva, l’agilità del volume non si traduce in una velocità di lettura, ma la densità della scrittura di Manica restituisce nel contenuto più di quanto ci si aspetterebbe da un testo così breve.

 

 

(Raffaele Manica, Praz, ItaloSvevo, 2018, 86 pp., euro 12,50)
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LA CRITICA

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VOTO

7/10

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