La legge della fame

Sul film Netflix "Il buco"

di / 3 aprile 2020

poster del film netflix il buco

Su Netflix è disponibile Il buco, confuso film spagnolo di fantascienza socio-politica, critica allegorica del capitalismo e delle distanze sociali che vira in un carnalismo esagerato prima di esporre qualsiasi tesi di rilievo.

In un futuro non meglio precisato esiste una prigione verticale dove si viene reclusi o si va come volontari. Ogni piano ospita due detenuti, in ogni piano c’è un buco. In quel buco passa a intervalli regolari una piattaforma con sopra un’enorme tavola imbandita con ogni pietanza immaginabile. Il buffet viene composto al piano 0 da un gruppo di cuochi e inizia la sua discesa lungo la torre per sfamare tutti i detenuti. Chi è nei piani inferiori deve sperare nella capacità degli altri di autoregolarsi. Goreng è entrato nella torre volontariamente e con due obiettivi: smettere di fumare e leggere Don Chisciotte della Mancia (ogni detenuto può portare un oggetto con sé). Non ha idea del destino a cui si è condannato.

Ha ottime intenzioni e buoni riferimentiIl buco. La prigione- torre si inserisce nel filone della allegorie sociali già sfruttato da Il condominio di Ballard, o per rimanere nel cinema da Snowpiercer dell’oggi pluricelebrato Bong Joon Ho.

La differenza, rispetto ai precedenti, è che la distribuzione sociale è qui del tutto casuale: i detenuti si svegliano ogni mese a un piano differente e devono vivere con risorse sempre diverse.

Ci sono, in potenza, molti discorsi interessanti che si annidano tra le pagine del copione di Il buco. Il ritorno allo stato di natura quando la fame diventa l’unica ragione; l’odio insensato per chi sta meglio e la paura cieca di chi sta peggio; la diffidenza per il compagno di cella; l’irrazionalità come rifugio immediato. C’è una religiosità costante nella ricerca del dio assente che manda il cibo e delle soluzioni per rendergli omaggio.

C’è, più di tutto, una riflessione sul consumismo e sulla incapacità dell’uomo di sfruttare ciò che ha a disposizione senza abusarne, senza prendere più del necessario. La prigione è la rappresentazione di come gli esseri umani sfruttano la natura per fini superflui, senza preoccuparsi degli altri, dell’equilibrio o della giustizia sociale. La totale arbitrarietà della collocazione nella torre porta fa evaporare ogni forma di misericordia e solidarietà, alternando periodi di fame assoluta con lussi sfrenati in cui è impossibile contenersi.

Tutti spunti molto interessanti che rimangono, però, solo come pretesti narrativi. Troppo in fretta, infatti, Il buco lascia prevalere una spettacolarizzazione pacchiana dello schifo, tra cibi spiaccicati, sangue e sporcizie assortite. Le vaghe suggestioni di Buñuel (L’angelo sterminatore soprattutto) e Ferreri (La grande abbuffata) cedono il passo a un gusto horror più dozzinale che si fa anche decisamente confuso nel cammino verso il finale intriso di un messianismo decisamente improvvisato.

Insomma, Il buco poteva essere un ottimo titolo, invece finisce per essere un semplice horror pieno di pretese, una brutta versione di The Cube.

(Il buco, di Galder Gaztelo-Urruia, 2019, fantascienza, 94’)

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LA CRITICA

Esordio pieno di potenziale, Il buco del basco Galder Gaztelo-Urruia non approfondisce l’interessante tematica sociale per accontentarsi di essere un horror pieno di pretese.

VOTO

4,5/10

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effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

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