Il peso della farfalla
di Linda Pietropaoli / 30 giugno 2011
Singolare come può esserlo solo un racconto, Il peso della farfalla (Feltrinelli, 2009), di Erri De Luca, con le sue settanta pagine ed i suoi caratteri decisamente grandi, ha il sapore di un caldo scambio di parole nel tepore del fuoco durante una notte invernale. La sua lettura è assai piacevole e scorre molto velocemente, eppure, se ci si lascia prendere, ci si rende presto conto di sguazzare nel vino buono contenuto nella famosa botte piccola.
Nelle poche e lievi pagine di questo libricino è infatti raccontato quanto di più atavico ed ancestrale la natura possa racchiudere nella sua immensa memoria: lo scontro-incontro di due mondi, due gemelli separati alla nascita di cui l’uno è Giacobbe e l’altro Esaù, il genere umano ed il mondo animale. Scontro millenario ed inesorabile, incontro necessario ed auspicabile.
Per quanto Genesi, nella Bibbia, stabilisca la supremazia dell’Uomo su ogni altra specie vivente, dal mondo animale abbiamo davvero tanto da imparare. E De Luca dimostra, scrivendo questa opera, di saper cogliere tutta la grandezza, la bellezza e la magnifica perfezione di un mondo nel quale noi uomini, a volte con difficoltà, a volte incantati, ci troviamo a vivere la nostra esistenza di esseri superiori.
Da una parte dunque la fierezza e la lealtà del “re di camosci”, «vento vestito di zampe e corna», dall’altra “il ladro di bestiame” che «ruba al padrone di tutto»; dinanzi all’incedere del camoscio quale arpeggio fra i precipizi, segno di matita nella quadrettatura di un grande foglio, il passo incerto dell’uomo, diventato analfabeta turista della Natura, quell’uomo che, abbandonando l’uso delle quattro zampe, ha perso in agilità e forza per guadagnare però in vedute, poiché solo così offre il suo volto all’immane ampiezza del cielo.
Uomo contro camoscio, ma anche l’Uomo che impara dal camoscio, e una minuscola farfalla ad accomunarne il cammino, nel suo epilogo: essa è quel peso in più sull’animo dell’uomo che ha ucciso, rubato e sabotato la sua madre Terra. Con il suo andamento per singulti ed il suo zigzagare lesto, la farfalla, essere diafano sospeso fra cielo e terra, sembra volerci ricordare la profonda dignità insita in ogni essere vivente.
Nel secondo micro-racconto Erri De Luca pone, di nuovo, il lettore dinanzi ad un elemento tutt’altro che accessorio della nostra esistenza. Silenti e coraggiosi spettatori del trascorrere del tempo che si tramuta pian piano in Storia, anche gli alberi possono insegnarci molto, con la loro tacita ma costante presenza fra noi:
«Esistono in montagna alberi eroi, piantati sopra il vuoto, medaglie sopra il petto i strapiombi. Salgo ogni estate in visita ad un di loro. Prima di andare via monto cavallo del suo braccio sul vuoto. I piedi scalzi ricevono il solletico dell’aria aperta sopra centinaia di metri. Lo abbraccio e lo ringrazio di durare».
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