“L’estate alla fine del secolo” di Fabio Geda

di / 14 marzo 2012

Catturata dai colori caldi della copertina, entro in libreria in una piovosa giornata invernale e prendo in mano L’estate alla fine del secolo (Dalai editore). Fabio Geda, con il suo precedente Nel mare ci sono i coccodrilli, è per me già una garanzia. E infatti non mi delude.

Siamo nell’ultima estate del XX secolo e abbiamo due storie da conoscere: quella di un nonno e quella di suo nipote, che si incrociano dopo esser state a lungo separate.
Il burbero nonno ebreo, nato proprio il giorno in cui in Italia vengono promulgate le leggi razziali, e suo nipote adolescente, con una vita abbastanza difficile a causa, soprattutto, di una brutta malattia del padre, si vedranno costretti a trascorrere insieme un’intera estate. La madre di Zeno, il ragazzino, decide di affidare suo figlio all’anziano padre per assistere il marito in ospedale.

Simone, il nonno, vive da eremita sulle montagne liguri e sta progettando di uccidersi: la sua è sempre stata una non-vita, condizionata inevitabilmente dalle leggi razziali.
Si legge nelle primissime pagine: «Nasco il diciassette novembre del 1938 senza averne diritto. Dovrei rimanere nel ventre di nostra madre e nutrirmi di proteine e zuccheri finché posso, finché riesco. Farmi riassorbire dal corpo che mi ha generato. Ma non mi è concesso».

Zeno Montelusa, invece, ha dodici anni, ama i fumetti e, con la sua sensibilità e la sua spontaneità, piomba nella vita del nonno in modo improvviso e inaspettato portando una ventata di cambiamento: riuscirà persino a far uscire l’anziano dalla sua condizione di vita irreale e non vissuta fino in fondo, allontanando il dolore, per quanto possibile.
Il rapporto che riescono a costruire, fatto di silenzi e di gesti significativi, li segnerà per sempre.

Si intrecciano le due storie sullo sfondo del presente e del passato e, parallelamente, si intrecciano le due voci narranti che raccontano in prima persona, mettendo in luce l’interesse dell’autore per i rapporti generazionali, tema già affrontato nel precedente romanzo e decisamente approfondito in questo. Crescere non è facile, come non è facile vivere la consapevolezza della vita che sta per giungere al termine.
Sono entrambi momenti in cui l’uomo è necessariamente costretto a riflettere, a fare i conti con se stesso, e l’autore riesce a trattare tematiche così delicate toccando le corde dell’anima. Bellissima è la scena in cui Zeno guarda suo nonno, lo guarda fumare la pipa e si perde nella luce dei suoi occhi. Capisce che si assomigliano, il loro sguardo è lo stesso: «…lo sguardo – perdio – quello era mio: ne avrei riconosciuto l’inclinazione e il peso tra mille. Solo la direzione era diversa. Io mi perdevo nel futuro. Lui in ciò che era stato».

Da leggere. Punto.


(Fabio Geda, L’estate alla fine del secolo, Dalai editore, 2011, pp. 288, euro 17,50)

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