“Il silenzio degli uomini”: a tu per tu con Iaia Caputo
di Rita Proto / 23 marzo 2012
Il silenzio degli uomini (appena pubblicato da Feltrinelli) è l’ultimo libro della scrittrice e giornalista Iaia Caputo. Dopo saggi intensi e originali sulle donne e sul loro mondo interiore, prende posizione sull’“altra metà del cielo”. E lo fa senza rabbia o preconcetti, ma con tanta voglia di capire quello che definisce «drammatico malessere maschile», sottolineando che «il nostro è un paese bloccato da una misoginia che ormai pervade l’intero corpo sociale».
Iaia, perchè parli di «silenzio degli uomini»? Media, tv, politica e cronaca sono pieni di dichiarazioni, parole, decisioni, anche politiche, prese da uomini più o meno importanti nelle nostre vite pubbliche e private di donne al tempo della crisi più nera degli ultimi tempi. A quale silenzio fai riferimento?
La parola maschile è per tradizione “pubblica”, e per quanto sapiente, illuminata o illuminante, può essere completamente scollegata dai sentimenti, dalle emozioni, dalla vita affettiva, dalla propria esperienza umana. Facciamo una riflessione sul caso Strauss-Kahn: uno degli uomini più potenti del mondo, grande economista, politico stimatissimo e, al tempo dello scandalo, destinato a correre alla Presidenza della Repubblica francese; ecco un uomo di tale valore intellettuale poteva essere allo stesso tempo un sex-addict, un molestatore seriale, senza che questo suo aspetto “privato” inficiasse la sua immagine pubblica. Cosa vuol dire: che viveva in un doppio silenzio, il proprio, e quello della complicità che lo circondava. Ora, potremmo mai immaginare che per una qualunque donna di potere varrebbe la medesima doppia morale? Non verrebbe giudicata per l’insieme dei suoi comportamenti pubblici e privati? Se Angela Merkel fosse un’incallita seduttrice di uomini, più o meno giovani, e abituale frequentatrice di prostituti, sarebbe la cancelliera tedesca?
Hai scritto un libro coraggioso, in cui colpisce la tua voglia di capire cosa c’è dietro quel silenzio maschile che, non espresso e non elaborato, può portare uomini feriti a violenze inaudite e bestiali contro le loro donne e soprattutto, fenomeno recente e sconcertante, contro i loro figli. Cosa hai scoperto indagando le ferite maschili?
Nel libro parlo di «condizione tragica» del maschile, si riferisce al grande malessere che colpisce tantissimi uomini, facenti parte di un genere che per millenni è stato il signore del mondo e che non lo è più. Questo cambiamento di posizione nel rapporto tra i sessi dovrebbe condurre a una ridefinizione della propria identità. Non tutti la accettano. E chi non vuole fare i conti con il cambiamento, pur provando smarrimento, paura, fragilità, l’unico sentimento che riesce a sentire è la rabbia: per essere stato lasciato, per la fine di un matrimonio, per la sentenza di un tribunale che affida i figli alla madre. Ecco che allora si abbandona al gesto violento. Che testimonia insieme la frustrazione per un’incontrastata potenza perduta e l’assoluta impotenza di fronte alla libertà e alla autodeterminazione delle donne.
Nel tuo saggio metti in evidenza che solo uomini consapevoli di sé e desiderosi di rompere la spirale di potere e privilegi possono ritrovare se stessi e uscire da una solitudine impotente, che sempre più spesso si esprime con atti di violenza bestiale. Quali i passi fondamentale da parte degli uomini per arrivare a un rapporto realmente di scambio di amore, di affetti, di diversità, tra uomini e donne?
Credo che in un paese diventato per molte e complesse ragioni un paese fortemente misogino, impregnato di stereotipi, così povero di donne nella rappresentanza politica, così affollato di uomini, e per giunta anziani, bisognerebbe partire dall’educazione, fin dalla scuola primaria. Ma sono ottimista: possiamo sperare che riportando le donne sulla scena pubblica, fornendo sempre più modelli positivi e autorevoli femminili, anche le relazioni tra i generi miglioreranno.
Il silenzio degli uomini costringe al silenzio anche le donne. Senza uomini coraggiosi e consapevoli, non conniventi a vecchi privilegi non si va da nessuna parte. Come dimostra il film appena uscito La sorgente dell’Amore in cui Radu Mihaileanu dimostra che nulla o quasi può la rivendicazione delle donne senza uomini solidali, in grado di ascoltare e sostenere. Il sentimento con cui consegni il tuo libro al pubblico è più intriso di pessimismo o di speranza nel cambiamento degli uomini?
Abbiamo tutti, più che mai in questo momento, il dovere della speranza. Molte cose stanno cambiando, penso a un modo diverso di intendere la paternità, un territorio nel quale tanti uomini hanno capito che la cura era, anche, piacere, tenerezza, vicinanza alle emozioni, e che era più quel che guadagnavano di quanto perdevano in termini di privilegi e libertà. Certo, c’è ancora molta strada da fare, ci saranno ancora colpi di coda, regressioni, molte contraddizioni con cui fare i conti, tuttavia, i cambiamenti sono, non solo necessari, ma inevitabili.
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