“Ho visto il film”
di Dario Pontuale
Un libro che racconta altri libri in diciannove fotogrammi, aprendo spiragli sorprendenti
di Chiara Gulino / 2 luglio 2015
Uscire dal mondo che sentiamo, ora come culla, ora come prigione, è quello a cui si aspira, non senza timore, quando ci si immerge nella lettura di un classico.
Secondo due delle quattordici definizioni date da Italo Calvino nel saggio Perché leggere i classici, «un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire» e «ogni prima lettura è in realtà una rilettura».
Inchiodati da una vita dolorosa e amara, nell’isolamento benefico che produce dal frastuono assordante e ottundente dell’ossessivo accalcarsi della realtà esterna, proprio la lettura può soccorrere, può essere una forma altrettanto essenziale di sopravvivenza, un’esperienza di scavo nel profondo emotivamente potente.
I libri spingono il lettore a sognare e immaginare di poter realizzare i propri desideri. In una lettera di risposta a un’ammiratrice, Flaubert la esortava a «leggere per vivere».
Tanti spunti di evasione dalla nostra claustrofobica prigione ci offre Dario Pontuale con il suo esperimento grafico e scrittorio Ho visto il film. Capolavori senza tempo raccontati a chi ha poco tempo (Valigie Rosse, 2014).
Non un testo critico, Ho visto il film è un «invito alla lettura», come detto da Darwin Pastorin nella prefazione, per chi di uno scrittore ha sentito solo il nome o appunto visto solo il film (cosa assai frequente nell’era dell’homo videns). Ogni prosa è infatti accompagnata da una scheda con le informazioni essenziali sul film tratto dal libro di cui parla Pontuale e dalle caricature degli autori trattati realizzate da famosi artisti, illustratori e fumettisti, ritratti che ricordano i lavori di Tullio Pericoli.
Pontuale ci regala diciannove classici impressionandone la trama in un solo fotogramma arricchito da una sapiente analisi del testo e dello stile dell’autore e brevi accenni biografici.
Si tratta di mini-recensioni che sono come le peonie. Di bellezza superba e dai colori magnifici regalano un piacere intenso quanto breve perché fioriscono solo quindici giorni l’anno.
Pontuale lascia nel lettore interi mondi ancora da esplorare e una fame di racconti per cui ci troviamo alla fine sedotti ma non sazi.
A volte coglie i suoi autori nelle loro fragilità più grandi (Emilio Salgari, Cesare Pavese), o nei loro sogni più avventati e coraggiosi (Melville, Stevenson), o li traghetta in ricordi laceranti (il Vasco Pratolini di Cronaca familiare, «un libro che torna alle radici di un dolore profondo, un dolore che trasfigura il volto e la penna»), o nel bellissimo paesaggio sulle rive del Don, offeso però da una guerra «descritta in ogni suo aspetto di dolorosa inutilità» (Mario Rigoni Stern).
Concludono il libro due interventi extra: uno su Franco Basaglia, cui si deve la legge 180, nota appunto come Legge Basaglia, sulla chiusura dei manicomi, la quale «non è soltanto una conquista, ma una riforma capace di cambiare il modo di pensare di un intero Paese, un segno tangibile che eleva il livello di civiltà di uno stato»; l’altro sul poeta e cantautore livornese dall’«anima fragile, sensibile, tormentata, nascosta dietro una maschera ruvida e sprezzante», Piero Campi, cui la casa editrice labronica deve il suo nome e che per lungo tempo è stato emarginato da pubblico e critica.
Ho visto il film lo si chiude con la sensazione di avere stretto nuove e inattese sinapsi tra i frammenti delle reminiscenze scolastiche e le letture estive.
(Dario Pontuale, Ho visto il film. Capolavori senza tempo raccontati a chi ha poco tempo, Valigie Rosse, 2014, pp.107, euro 16)
LA CRITICA
Leggere libri ci fa capire che esistono altre possibilità di vita. Per questo Ho visto il film è un libro che racconta altri libri, salubre, labirintico, istruttivo.
Comments