“L’anno breve” di Caterina Venturini
Una storia che svuota e riempie
di Anna Giurickovic Dato / 9 maggio 2016
L’anno breve di Caterina Venturini (Rizzoli, 2016) è l’anno che hai paura di cominciare, ma che, una volta iniziato, non vorresti finisse mai. È un anno difficile, che l’autrice, senza mai cadere nella trappola del buonismo letterario, racconta con grande verità.
Ida Ragone, professoressa precaria di italiano, insegnerà in ospedale ai ragazzi malati. Il camice bianco, la mascherina davanti alla bocca, i soprascarpe di plastica blu. L’attenzione burocratica delle regole le sembra superare, irrispettosa, quella per la malattia, per chi è stato trapiantato, per chi non ce l’ha fatta ed è morto in estate, come se, in fondo, fosse vero che col tempo ci si abitua a tutto. Regola numero uno: mai correre in corridoio; regola numero due: mai fare commenti sul corpo dei ragazzi; regola numero tre: mai improvvisarsi psicologi; regola numero quattro: se si ha un herpes, la lezione è annullata. Quando per la prima volta Ida arriva in ospedale, vede una bambina calva, illuminata dalla luce arancio di un televisore, colori ovunque e prati verdi alle pareti. «Non se le aspettava queste papere gialle per indicare i numeri delle stanze, cos’è questo divertimento? Cos’è questo circo? La malattia dov’è, che prima la vede e meglio sta».
Tra i giovani pazienti ci sono Andrea, che odia Roma perché ha una luce troppo chiara; Mattia, che tiene sempre gli occhi chiusi, però ci vede; Luca, che ha ancora pochi sintomi, mentre il numero dei suoi globuli bianchi parla chiaro; Marilù, che è difficile che possa farcela; Chiara, che è schizofrenica; Sonia, che sta distesa mentre Franco le accarezza i capelli; Elisa, che non s’è capito cos’abbia; Abdul, che toglie la mano della madre dalla guancia e le dice «non è vero che vuoi accarezzarmi, tu vuoi solo sentire se ho la febbre»; Salvatore, con la leucemia linfoblastica acuta Ph+, Leila, anoressica; poi Giulia, Sara, Eta Beta e Rosy. Sono i ragazzi della torre, hanno tra i 14 e i 19 anni e abitano i reparti di Neu, Ema e Ali. A loro Ida porta da leggere Foscolo, Petrarca, il libro dell’Inferno disinfettato o Virginia Woolf, e ogni volta deve sperare di non rivederli più. Tante storie e personaggi in un anno composto dai soli autunno, inverno e primavera. Un anno breve, dunque, e per alcuni più che per gli altri.
Anche Ida è stata adolescente, rifiutando il suo corpo, stringendosi in simbiosi con l’amica Elis contro un comune nemico: il cibo. Anche lei ha esplorato l’avvicinarsi dell’età adulta con l’incredibile inquietudine di chi non sa come amare, amarsi e farsi amare.
Caterina Venturini non racconta solo della malattia, ma, in un preziosissimo intreccio di esperienze e diverse giovinezze, affronta i temi dell’adolescenza e della mancata accettazione di sé. Il suo è un linguaggio raffinato e sincero. Il ritmo narrativo è sempre bilanciato con la trama e scandisce gli eventi talvolta in maniera misurata e lenta, altre volte, invece, accelerando in impennate emotive, per chiudersi, poi, nei momenti più claustrofobici o di maggiore raccoglimento.
Un libro da leggere senza fretta e che si prende le attenzioni che merita. Un romanzo di cui cogliere ogni piccola sfumatura, di tristezza, di rammarico e anche di gioia. Una storia che svuota e riempie, così come ogni storia che debba essere raccontata.
(Caterina Venturini, L’anno breve, Rizzoli, 2016, pp. 360, euro 19,00)
LA CRITICA
Una storia importante, che non può non essere letta e raccontata.
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