Ritrarre la polverosa purezza della realtà
“Dal tuo terrazzo si vede casa mia”, l’esordio narrativo di Elvis Malaj
di Claudia Gifuni / 2 novembre 2017
«Quando guardava il soffitto Mrika vedeva oltre; vedeva se stessa, pensava a ciò che avrebbe o non avrebbe fatto, progettava i giorni. Quella mattina, però, nel soffitto non riusciva a vedere niente».
Sono storie sporche quelle narrate da Elvis Malaj, è livido l’inchiostro con cui traccia i dodici racconti che compongono il suo esordio, Dal tuo terrazzo si vede casa mia (Racconti Edizioni, 2017).
Malaj, infatti, non esita a creare un universo denso e complesso in cui piega il concetto di identità, lo distorce fino a renderne confusi i contorni. Non sappiamo chi siamo e forse, finalmente, non ha più importanza.
Malaj afferra il reale, fruga tra i brandelli di un passato ostinato per ricostruire le esistenze ordinarie dei suoi personaggi. Questi ultimi inciampano, si affannano senza sosta alle prese con i loro piccoli drammi ed è impossibile non esserne coinvolti.
La scrittura onesta di Malaj, infatti, genera un’immediata empatia che annulla qualunque tipo di distanza. Senza neppure rendersene conto, come Dedë, il lettore comincia a imprecare per il dolore causato, a seconda dell’interpretazione scelta, dalle scarpe troppo strette o da una vita ormai logora; oppure come Altin, il lettore si ritrova a indossare una cravatta con un motivo a fiori e a guardar scorrere il paesaggio vuoto dietro i finestrini di un autobus in movimento.
Malaj è uno scrittore discreto, che ama rimanere in disparte ma non per questo passa inosservato. La sua presenza, infatti, è tangibile e viene rivelata da un’ironia profonda e disarmante, per fortuna non ancora contaminata da cinismo.
A soli 27 anni, Malaj conosce perfettamente i tempi comici e ne rispetta il ritmo, le pause, le attese, riuscendo così a spezzare passaggi che altrimenti rischierebbero di cadere nel banale o nel patetico.
Dimenticavo, Malaj è albanese ma vive in Italia da oltre dieci anni per cui se lo doveste incontrare fate attenzione al lieve accento nordico e a quello sguardo irrimediabilmente furbo. Sarebbe stato fin troppo facile usare le sue origini come chiave interpretativa dei racconti; personalmente preferisco continuare a sorprendermi della sua incredibile capacità di ritrarre la realtà nella sua polverosa purezza.
(Elvis Malaj, Dal tuo terrazzo si vede casa mia, Racconti Edizioni, 2017, pp. 164, euro14)
LA CRITICA
Una lettura superficiale potrebbe indurre a considerare l’esordio di Malaj interamente incentrato sul tema del razzismo. Andate oltre, leggetelo con calma, non rispettate l’ordine dei racconti e vi accorgerete che, come la realtà, anche le storie di Malaj nascondono molto di più al loro interno.
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