Il ritorno di Thom Yorke, tra sogni e robot
"Anima", l'ultimo album del leader dei Radiohead
di Luigi Ippoliti / 3 luglio 2019
Giugno 2019. Nelle metro e lungo le strade di diverse città del mondo, tra cui Londra, Milano, Dallas, Amsterdam e Tokyo, spuntano fuori delle strane pubblicità di una presunta società chiamata Anima che riuscirebbe, grazie a una Dream Camera, a catturare i sogni che inevitabilmente svaniscono appena ci svegliamo. Thom Yorke non è nuovo a questo genere di cose: c’è sempre stato un occhio di riguardo nei confronti dell’idea della promozione dei propri lavori, dai blips di Kid A, all’up to you di In Rainbows fino ai giornali di The King Of Limbs e alla distribuzione su BitTorrent del precedente Tomorrow’s Modern Boxes. Quindi, nonostante si vociferasse che Anima potesse essere un’idea della macchina distopica Black Mirror, altro non era che il lancio pubblicitario del terzo lavoro da solista del leader dei Radiohead, Anima, uscito insieme al corto di Paul Thomas Anderson in streaming su Netflix.
Sono tredici anni che Thom Yorke, parallelamente ai Radiohead, si è messo in proprio. Escludendo Amok degli Atoms for Peace e l’ultima bellissima colonna sonora per il Suspiria di Luca Guadagnino, l’artista inglese ha scritto tre album, diversi tra di loro ma profondamente simili. Tre album che manifestano la propria bellezza nella notte.
Oggi, con Anima, ci troviamo di fronte al suo disco più ambizioso, più complesso, più oscuro.
Perché da The Eraser in poi, la scrittura dei brani è cambiata: se il suo esordio era, nella forma, un album pop imbevuto di elettronica, già con Tomorrow’s Modern Boxes quei crismi andavano scemando, forte delle tante esperienze con Modeselektor e Flying Lotus – che anche oggi hanno influenzato il processo creativo di Thom Yorke.
Ma è con Anima che i brani vanno diluendosi nel tempo, uscendo quasi del tutto da una certa logicità del pop, di cui Thom Yorke può fare scuola (da “Fake Plastic Trees” a “Karma Police”, per citare i più immediati): la sua conoscenza in quest’ambito è fondamentale per arrivare al punto in cui è arrivato con Anima. Negandola, ha potuto dare vita a un lavoro in cui non ci sono appigli, ma in cui non ci si perde mai. Qui è la grandezza di un autore come Thom Yorke: riuscire a scrivere un lavoro elettronico, sperimentale e farlo esprimere come qualcosa di fruibile, a trasformare l’incorporeo in materiale.
Anima è The Eraser tredici anni dopo, dove Thom Yorke si è scrollato di dosso certe paure, staccandosi dalla sua confort zone e andando a cercare di spingere più in alto, cercando di tirare fuori l’universo multiforme dell’inconscio, interpretandolo magistralmente da un punto di vista sonoro e lirico. Il passaggio di Tomorrow’s Modern Boxes, in quest’ottica, è stato fondamentale per costruire l’estetica di Anima: certi passaggi vengono riproposti, ma in maniera evoluta. Thom Yorke può osare, può andare oltre.
Anima ha una coerenza estetica importante, ma ci sono due brani che svettano sopra gli altri, andando a far parte di diritto nel meglio mai scritto da Thom Yorke: “Dawn Chorous” (di cui in 10 anni si è detto un po’ di tutto, tra cui che fosse il titolo di “Give Up The Ghost”, di “Codex” e di “The Numbers”) e “The Axe”. Il primo è un brano volutamente monocorde, in cui il cantato monotono e commovente sembra fare da contraltare al coro dell’alba degli uccelli del titolo, una sottrazione concettuale superlativa. Il secondo, che sembra nascere dalla coda finale di “Reverse Running” degli Atoms For Peace, è l’ennesimo scontro tra l’uomo e la macchina interpretato da Thom Yorke, con un incipit che sembra riprende la leggenda per cui Michelangelo Buonarroti, rivolgendosi al suo Mosè, gli chiese “Perché non parli?”, prendendolo a colpi di martello:
«Goddamned machinary / Why don’t you speak to me? /One day I’m gonna take an axe to you»
Il crescendo finale, poi, ha un impatto sonoro/emotivo che può sembrare quello di una “Cymbal Rush” scritta oggi.
Anima è l’opera più coraggiosa di Thom Yorke dai tempi di Kid A, con cui condivide l’essere un punto di svolta: per i Radiohead il capolavoro del 2001, per Thom Yorke quest’ultimo. Può sembrare poco ortodosso pensare che Anima possa essere un seguito ideale di Kid A. I Radiohead nel 2001 si trasformavano definitivamente in una band che andava a cambiare la propria natura, plasmando il modo di percepire la musica popolare del nuovo millennio. Allo stesso modo, oggi, Thom Yorke si trova tra le mani un lavoro che per lui è un punto di non ritorno e che il tempo potrà definirà come nuova guida per il futuro della musica.
LA CRITICA
Anima, terzo album da solista per Thom Yorke, è il suo lavoro più complesso e ambizioso, l’ennesimo tassello di una carriera incredibile.
Comments