La ricerca del confine tra il desiderio e la violenza
A proposito di “Consenso” di Saskia Vogel
di Daria De Pascale / 14 ottobre 2019
Consenso, il primo romanzo della scrittrice americana Saskia Vogel (Safarà, 2019), è prima di tutto un racconto di crescita, di un passaggio all’età adulta in una grande città dell’America contemporanea. Al centro c’è Echo, una giovane attrice già fallita, inquieta e vittimista, che trova nel lutto, e nelle situazioni che il vuoto la porta a vivere, la possibilità di maturare e prendere coscienza dei propri desideri: «La perdita, pensai, non doveva essere per forza un vuoto di lutto e dolore, poteva essere anche un luogo di incontro».
È la sua voce narrante che guida – o forse trascina – attraverso il romanzo: la conosciamo chiusa nel solipsismo e in un overthinking nevrotico, in cui tutto ciò che accade ha un riflesso in una sofferenza passata, e la ragione di ogni sua debolezza sta in una mancanza vera o presunta di amore familiare. La sua crescita emotiva sembra essersi interrotta, bloccata al primo amore di adolescente per un’amica con un padre troppo severo che impedisce alle due ragazze di frequentarsi, e dopo la quale Echo cerca consolazione nel sesso in sé per sé: «Poiché non potevo esplorare questi finali con lei, il mio desiderio si espandeva senza freni dove poteva. Rispondevo al desiderio di altri, e mi perdevo facilmente in quelli che rispondevano al desiderio che era in me. A volte mi sentivo abusata, ma era eccitante e, come scoprii, raro, essere una persona a cui piaceva sia dare che ricevere piacere, interessata all’erotismo come scambio».
La morte improvvisa e insensata del padre rompe gli argini del suo precario equilibrio mentale, lasciandola prostrata, con la sola compagnia della madre, una donna difficile «il cui rifiuto a essere felice era una forma di tirannia», in una Los Angeles in cui «è facile perdere la cognizione del tempo. […] Il sole e il cielo sono sedativi. Ventiquattro gradi e cieli limpidi pomeridiani, in spiaggia, giorno dopo giorno dopo giorno».
Solo l’incontro casuale con Orly, una bellissima dominatrice, e l’inizio di uno strano triangolo con lei e Lonnie, il suo coinquilino – e servo obbediente, chiamato “Mignolino” – le permette di allargare lo sguardo e confrontarsi con la vita di altri che, seppure in modi diversi dal suo, vivono ai margini della vita perfetta che pensano di dover vivere: che non riescono ad adattarsi al mondo di cartapesta di belle case per gente di successo da cui lei sfugge da sempre, che i suoi genitori hanno costruito per lei ma in cui loro stessi non hanno saputo vivere, e a una Los Angeles in cui tutti ruotano intorno al cinema ma sono sempre già falliti, in cui tutti somigliano a qualcuno di famoso ma il successo, se esiste, è sempre da un’altra parte.
È seguendo Orly e Mignolino che Echo scopre il mondo del sadomasochismo, che la Vogel tratta con delicatezza e cura, senza neanche rischiare di avvicinarsi ad alcun cliché. Ciò che Echo si trova davanti è l’infinita varietà dei desideri umani, che racconta con occhio benevolo e affettuoso, mai giudicante, e la sofferenza di non saper trovare le parole per ciò che si desidera davvero. Da Orly Echo scopre in sé una sicurezza atavica, femminile, che trae origine nel suo stesso corpo, nella battaglia per «il controllo del nostro stesso sangue, come e quando e perché sanguiniamo» e per sfuggire a «un ordine patriarcale che tradiva non solo le donne ma tutti».
E scopre – e scopriamo anche noi insieme a lei, e la scoperta è spiazzante ma anche capace di gettare una luce nuova su un territorio oscuro e coperto di scherno e ironia – che l’unico vero limite è quello del nostro consenso. Che la violenza, l’abuso vero non è quello che Orly infligge ai suoi clienti, di cui invece cerca di appagare i desideri profondi, quelli che neanche loro conoscono, quanto invece le esperienze di quotidiana volgarità a cui nessuno prepara ma che è difficile per le donne evitare: «Nessun uomo mi aveva mai messo un braccio attorno alle spalle al cinema, ma a ogni donna che conoscessi avevano tirato fuori un pene. Era mio padre a essere cresciuto in un’epoca differente, o voleva tenere lontano da me il mondo nella speranza che non venissi mai a scoprire quello che sapeva? Sperava […] che avrei trovato velocemente un amore puro e duraturo, e che sarei scivolata dalle sue cure a quelle di un altro, senza aver mai incontrato questi selvaggi?»
Ma se il racconto tenero e sofferente della vita di Lonnie-Mignolino e del suo percorso per raggiungere un equilibrio e quanto di più simile alla sua idea di felicità è come un controcanto della voce di Echo, a rimanere nascosta è proprio Orly, «una figura mutevole che incombeva, e noi due a leggere i suoi segnali, col solo desiderio di compiacerla ma sbagliando in ogni caso».
Echo se ne innamora ma non la vede per davvero, perché tutto la riporta sempre al proprio lutto, al padre caduto da una scogliera e scomparso in mare, e ancor più alla figura della madre, intorno a cui tutto ruota e con cui continua a scontrarsi, allo stesso tempo amandola e non amandola, analizzando ogni sua parola alla ricerca del coltello con cui sente di essere sempre pugnalata.
È qui il vero fulcro di Consenso, e il grande merito di Saskia Vogel: la capacità di raccontare senza filtri la sua protagonista, forse egocentrica ma profondamente umana, anche nei suoi lati meno amabili, immergendosi e portando il lettore all’interno dei suoi mutevoli stati mentali. Ciò su cui forse è un po’ più debole, la trama, e un certo sbilanciamento per cui il tema apparente del romanzo – la scena sadomasochista di Los Angeles – perde spazio e consistenza ed è trattato quasi frettolosamente, in favore di altri sentimenti che lottano per emergere, è compensato appieno dall’analisi esatta e sofferta di un processo di guarigione e crescita – dove crescere significa superare un narcisismo infantile per cui tutto è dovuto e iniziare a vedere e percepire gli altri per ciò che sono, e non solo come mezzi per ottenere riconoscimento.
Con la sua scrittura attraente e vorticosa, fatta di ricordi e impressioni – quasi corresse da un lato all’altro seguendo il ritmo della propria mente, arrampicandosi sui muri alla ricerca di un senso – Saskia Vogel è in grado di arrivare al fondo delle sensazioni fisiche e mentali, spezzandole in immagini che sono pura emozione. Consenso è un romanzo inquieto, che sfugge alle definizioni, e racconta le difficoltà della ricerca di sicurezza, appagamento e amore in un mondo che sembra aver perso ogni riferimento.
(Consenso, Saskia Vogel, Safarà Editore, 2019, trad. di Alice Intelisano, 224 pp., euro 18, articolo di Daria De Pascale)
LA CRITICA
Un romanzo inquieto, scritto in modo attraente e vorticoso, che racconta le difficoltà della ricerca di amore e appagamento di una giovane donna in un mondo che ha perso ogni riferimento.
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