Il grido disperato dell’itpop
"Merce Funebre", l'album d'esordio di Tutti Fenomeni
di Luigi Ippoliti / 5 febbraio 2020
Merce Funebre è arrivato, finalmente. Ecco l’ennesimo artista hypeforme, dove tutto ciò che precede l’uscita dell’album è l’album in sé. Un racconto avvenuto prima che accadesse il racconto stesso. Tutti Fenomeni non è I Cani, lui e Contessa non sono i Battisti Panella dei nostri tempi, come scritto da Rolling Stones qualche giorno fa. Sparare altissimo dopo un album, senza una storicizzazione, senza riflessione approfondita, è un bel modo per catalizzare l’attenzione, rendendo narrazione della realtà quello che realtà non è.
Perché poi rimane che Tutti Fenomeni e Contessa hanno oggi il peso specifico che Battisti Panella avevano nel loro, ed è ingiusto per tutti, per chi fa e chi ascolta. Davvero, cerchiamo altro. Lasciamo stare gli autori di Hegel. Non abbiamo bisogno di certe cose, perché in questo momento di forte fragilità neanche l’iperbole deve essere accettata. Si continuano a generale fraintendimenti, dando largo a cattive interpretazioni, propinando un modo di pensare che accetta l’omologazione come chiave del successo, per cui siamo tutti fenomeni.
Sì, Tutti Fenomeni, ci siamo arrivati. È un’enorme presa in giro questo progetto? Già solo ascoltarlo è il significato proprio dell’album, un esempio al ribasso per testare la salute del pubblico? È volontariamente lui la merce funebre di cui parla?
Un album meta narrativo, come si capisce da “Metabolismo”?
C’è un misto di vittimismo e mettere le mani avanti, una retorica furba per cui dovesse andare bene o male, lui ne uscirebbe comunque vincitore. Il trucchetto della meta narrazione da quattro soldi non impressiona e non convince come movente.
“Sono uno spartiacque”, canta in “Trauermarsch”. No, non ci troviamo di fronte a uno spartiacque. Tutti Fenomeni non è una nuova interpretazione della musica italiana contemporanea. È l’itpop che cerca di sopravvivere al tempo, non riconoscendosi più, messo allo strette dalla trap, bisognoso di mutare solo per continuare a esistere, in un’altra forma, rimanendo però la stessa identica cosa. Può essere un crossover tra trap e itpop, ma siamo stretti. Azzardiamo.
Tutti Fenomeni suona come una richiesta disperata d’aiuto da parte dell’itpop, non uno spartiacque.
Perché spartiacque è stato Contessa con I Cani, capendo le potenzialità dei social, inventandosi un modo di esprimersi diverso. In quel momento la musica in italia è cambiata realmente e lo abbiamo capito sin da subito. Che poi avrebbe preso una diramazione altra, quella calcuttiana, questo non potevamo saperlo.
Se proprio bisogna trovare uno spartiacque in qualcosa che possa essere assimilabile a questo lavoro, allora prendiamo Pop X. Sì, Pop X. Quel progetto pazzo, scritto in una lingua che poi, senza che lo potessimo immaginare, sarebbe andata a combaciare con quella di Tha Supreme. Tutti Fenomeni suona come un Pop X più intellegibile, che si appoggia a qualcosa di più riconoscibile, dai Depeche Mode a Battiato.
A questo punto, se dobbiamo puntare su uno spartiacque, puntiamo su di lui. E, tornando a Battisti Panella, c’è molto più Hegel in Lesbianitj che in Merce Funebre.
Ma Pop X è troppo, eccessivamente estremo. Tutti Fenomeni è furbo, perché a quelle componenti di follia ha messo insieme citazioni alla rinfusa, in un collage post moderno senza cultura, superficiale e senza direzione. Pezzi di Mozart e Chopin messi lì, senza giustificare l’uso della citazione che si dovrebbe fare racconto stesso, ma che qui sta come pezzi di design in una catapecchia.
Non sorprende, Merce Funebre. No, ed è importante avere gli anticorpi per affrontare certi nuovi fenomeni. Al disagio alla Calcutta, o al sentimentalismo da new macho di Tommaso Paradiso, contrappone un linguaggio che viene fatto passare per sofisticato, ma che non mette in discussione nulla, e che sofisticato non è. «Leonardo Da Vinci era rock / Mentre Caravaggio era tipo un trapper». Celentano che prova a reinterpretare Battiato.
Contessa, dicevamo. Niccolò Contessa dietro a tutto questo. Il produttore dell’album. Per forza di cose, la sua mano si sente. Si sente troppo. Prendiamo quanto successo con Francesco Bianconi nell’ultimo album di Lucio Corsi, Cosa faremo da grandi?, e confrontiamo: Contessa, in Merce Funebre, ci si è completamente immerso dentro, prendendo la forma Tutti Fenomeni, confondendosi, espandendosi lungo tutto il suo universo. Bianconi, invece, no. Ha fatto da perno al musicista toscano, lo ha aiutato a dare il meglio. La questione, a monte, è complessa, ma semplice allo stesso tempo. Dietro Lucio Corsi c’è un essere umano da cui si sente una spinta genuina verso l’arte, un artista per farla breve; in Tutti Fenomeni no, o quantomeno si percepisce che non sia necessario: è un intruglio di mode, superficialità, ipercitazionismo spiccio, linguaggio social. Se ci mettessero un programma, un computer, un robot, uscirebbe la stessa cosa. Il confine sarebbe irriconoscibile.
Questa è una grossa differenza tra due modi interpretativi della musica, oggi. Ed è anche utile per capire che, se da un lato esiste ancora qualcuno che è fuori da certe logiche, non omologabile in un calderone di tutto uguale, dall’altra si percepisce come invece la proposta musicale si muova proprio su questi binari. Tutti Fenomeni sembra uscire da una sorta di laboratorio etereo da dove ciclicamente viene pescato qualcuno a cui affidare le sorti di un ipotetico movimento mosso dall’espandersi sul mercato.
Poi uno funziona più di un altro, ma non importa.
Pensare che per fare Battiato sia sufficiente un paio di Farfallone amoroso buttati lì, insomma, non ci siamo.
Tutti Fenomeni è, momentaneamente, un ex trapper che, a un certo punto, si è messo in società con Contessa. Merce Funebre non è neanche un album piacevolissimo da ascoltare, con cui almeno controbilanciare una mancanza di profondità, visto che le melodie non sono eccezionali. I brani sono inutilmente arzigogolati, pur non essendo musica complicata. Dietro a un pop che si fa più complesso, dovrebbero aprirsi mondi, universi. Qui ciò che vediamo dietro a un proto intellettualismo è l’incapacità di stare al passo con sé stesso.
Merce funebre è un finto bizzarro. Una non novità, la delusione dietro una promessa mai fatta e non mantenuta.
LA CRITICA
Merce Funebre è l’album d’esordio di Tutti Fenomeni. Alle sue spalle, Niccolò Contessa come produttore. Un lavoro che non convince e lascia molte perplessità.
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