“Coral Glynn” di Peter Cameron
di Linda Pietropaoli / 2 ottobre 2012
Coral Glynn (Adelphi, 2012) è l’ultima fatica dello scrittore statunitense Peter Cameron che, con questo libro, può essere non solo incluso tra gli autori più interessanti del panorama letterario, ma anche considerato un importante erede della cosiddetta “comedy of manners” inglese.
Il “malinteso”, o cattiva comprensione o misunderstanding che dir si voglia, è certo il protagonista di questa storia, almeno in tutta la sua prima parte: si mal-intendono infatti (o forse non si intendono per nulla) i due personaggi principali, tra insicurezze, dubbi e passi indietro, e fraintende il lettore che, avidamente, cerca di capire e carpire elementi che possano “s-chiarire”, nell’intento di seguire una storia di cui non ha i retroscena.
Cameron costruisce ad arte un testo originale nel quale il senso rimane per buona parte affidato ai semplici accadimenti, a ciò che i protagonisti compiono, alle loro mere azioni. Manca quasi completamente nella prima parte una introspezione dei personaggi, cosicché si è spinti a chiedersi in continuazione il perché di gesti e comportamenti. Tutto ciò fa sì che sia impossibile distogliere l’attenzione dalla vicenda fino a quando questa non trova il suo scioglimento finale.
Il lettore risulta qui più che mai uno spettatore, il testimone ignaro di fatti che accadono e basta, di azioni che vede compiere senza capirne le motivazioni profonde. Questo tratto rende il libro da una parte opprimente, compresso com’è nella sequela di eventi inspiegati, e inquietante – anche per un certo contesto e per certi avvenimenti macabri –, dall’altra, invece, estremamente coinvolgente: chi legge vuole assolutamente sapere come andrà a finire.
Le premesse non sono complesse: Coral Glynn è una ragazza rimasta sola al mondo, che per vivere esercita la professione di infermiera a domicilio. Si imbatte nel maggiore Hunts, reduce di guerra, giovane cupo ma dalle buone intenzioni, la cui madre sta per morire di cancro. Senza una precisa motivazione, almeno all’apparenza, il giovane, in lutto per la morte della madre, di lì a qualche giorno chiederà la mano di Coral, la quale accetterà. Da questo momento in poi accadono una serie di fatti, “strani” perché casuali, così come casuali sono, in effetti, la maggior parte dei casi della vita reale.
È nell’ultima parte che si assiste al vero cambiamento: dalle incertezze e dai dubbi si passa alla consapevolezza delle azioni, alle decisioni vere e proprie. Ed è solo a questo punto, allora, che il lettore vede delinearsi precise le fisionomie dei protagonisti, generate dalle loro scelte via via sempre più consapevoli.
Non soltanto una storia di malintesi perciò, ma anche un iter di maturazione di tutti i personaggi che, solo dopo scelte forzate, dovute e forse sbagliate, raggiungono, probabilmente, un loro stato di felicità. Ma appunto, probabilmente.
Coral Glynn è dunque un romanzo avvincente, scritto da Cameron con consapevolezza e maestria, capace, al tempo stesso, di destabilizzare e coinvolgere il lettore, dall’inizio alla fine.
(Peter Cameron, Coral Glynn, trad. di Giuseppina Oneto, Adelphi, 2012, pp. 212, euro 18)
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