“Stranieri alla terra” di Filippo Tuena
di Silvia Bergagna / 26 ottobre 2012
La copertina di Stranieri alla terra di Filippo Tuena rappresenta il primo contatto rivelatore che stringiamo con l’autore. La ruota di una motocicletta in movimento che scorre veloce verso una meta ignota e, impresse sulla foto, le parole manoscritte del libro ci riconducono alla metafora della narrazione come viaggio e del viaggio come memoria autobiografica. Ed è proprio un autentico viaggio Stranieri alla terra, che in ogni pagina ci proietta in un luogo diverso, laddove i personaggi stessi rappresentano dei mondi da sondare.
La prima metà del libro prende vita dalle ceneri di quattro grandi uomini del passato: Ernest Hemingway; Théodore Géricault; il generale “Stonewall” Jackson e il cornettista Bix Beiderbecke. I quattro personaggi sono accomunati dal conflitto che intraprendono con il mondo che li circonda che culminerà con l’annientamento delle loro vite. L’antidoto contro l’oblio delle esistenze di questi uomini è rappresentato dalla “memoria” intesa sia come ricordo sia come ricostruzione autobiografica. È attraverso di essa che i personaggi ricostruiscono la propria vita fino al drammatico epilogo della morte.
Il libro si apre con Hemingway che, ormai avanti con l’età, perde la memoria e cerca di ricostruire le trame della sua esistenza attraverso un dialogo con una donna misteriosa. La corrida, che da sempre lo aveva ossessionato, diventerà la funesta prefigurazione della sua fine: egli si immedesima nel toro, che giunto allo stremo delle forze, continuamente vessato dal torero, decide di incontrare la spada di sua spontanea volontà. Il colpo finale rappresenta una gloriosa via di fuga, una suerte suprema.
Il generale Jackson, accidentalmente colpito dal fuoco amico durante un’azzardata operazione di guerra nel 1863, si trova a lottare tra la vita e la morte. Nella fede in Dio se ne va però serenamente: raggiunto all’ospedale dalla famiglia, spira mormorando parole che rievocano la sua gioventù. Sarà la moglie a tentare di ricostruirne le gesta dando alle stampe, in seguito, un libro di memorie. La storia del generale viene ricostruita tramite il racconto di un soldato che probabilmente fu tra quelli che spararono contro le proprie truppe in ritirata credendole nemiche. Egli viene contattato dalla vedova Jackson perché testimoni assieme ad altri sugli avvenimenti di quella fatidica notte. Chiamato a Lexington, città natale del generale, il soldato entra in contatto con il paese, i luoghi e le persone che Jackson aveva conosciuto da giovane. Nei pressi della stazione un piccolo fiume, il Maury River, e un boschetto ricondurranno il soldato ai giorni drammatici della guerra: le ultime parole di Jackson erano state proprio: «Di là dal fiume e tra gli alberi».
La storia del musicista alcolizzato Bix Baiderbecke, invece, può essere letta in parallelo con quella del pittore Théodore Géricault. Bix e Géricault sono tormentati dal loro stesso Genio: il tormento a cui sono sottoposti in vita li porterà a consumare in fretta i loro giorni. Entrambi entrano in un conflitto con la realtà che li circonda, rimanendone schiacciati. Ossessionati dalla morte, per acquisire una macabra familiarità con essa si recheranno alla morgue, uno in quella di Parigi e l’altro in quella di New York, come in un viaggio nell’oltretomba prima del tempo.
Le immagini e le foto che incontriamo nel libro ci rimandano costantemente al centro della scena narrata e ce ne restituiscono le forme, i personaggi e le ambientazioni. Nella parte dedicata a Bix Baiderbecke la musica la fa da padrona: la storia di Bix ci farà rivivere le cupe atmosfere jazz newyorkesi degli anni del proibizionismo, quando l’alcool era bandito dalla legge e proprio per questo in giro se ne trovava molto di più. Si tratta di uno sfondo musicale che nel complesso rende questo libro un potente strumento audiovisivo.
La seconda parte del libro si apre con le memorie dell’autore: la sua moto lo porterà a ripercorrere i ricordi e i luoghi del suo passato. Ripercorrere le tappe della memoria è per lo scrittore un po’ come ripercorrere le tappe di un viaggio: egli sentirà improvvisamente l’esigenza di lasciare la sua Milano e mettersi a cavallo della motocicletta per raggiungere Roma, spinto da un insopprimibile bisogno di partire. Proprio nella Città Eterna il protagonista sente di dover rivedere dei luoghi ben vividi nei suoi ricordi d’infanzia. Si avverte sempre più come la scrittura, l’arte e il viaggio siano tutti dominati da un’unica grande potenza misteriosa e immortale slegata dalla propria volontà.
L’ultimo viaggio descritto dal narratore è quello che egli compirà a Firenze, al cospetto delle statue di Michelangelo che si trovano a San Lorenzo. Perché è proprio Michelangelo a chiudere questa traversata? Viene da pensare a come l’artista lavorava il blocco di marmo. Partendo da una massa informe, lo scultore non faceva altro che estrarre gradualmente l’immagine racchiusa nella materia finché essa poteva dirsi liberata. Tutto sommato, allora, il lavoro dello scrittore non è dissimile da quello dello scultore: non si tratta di creare dal nulla, ma di dar vita a un’idea preesistente in sé, estraendola dall’oblio in cui è involta e conferendole una forma compiuta e intelligibile. In ultima analisi, saranno proprio i ricordi dell’autore a riportare alla luce gli spazi della memoria rimasti assopiti, poiché essi non aspettano altro che rivivere nelle pagine di un libro affinché non vengano più dimenticati.
Se il narratore è un viaggiatore, il lettore è il suo compagno di viaggio. Il loro sodalizio durerà per tutte le pagine del libro e in moltissime occasioni il lettore avrà il piacere di sostituirsi, come in un sogno, al narratore o al personaggio che questi ha creato. Ogni libro, in realtà, rappresenta un viaggio che il lettore compie lasciandosi guidare da chi ha deciso di impugnare il timone o la penna. Dunque aveva ragione Proust nel dire che il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuovi paesaggi, ma nell'avere nuovi occhi. Saremo dei veri viaggiatori solo quando impareremo a guardare anche con gli occhi degli altri.
(Filippo Tuena, Stranieri alla terra, Nutrimenti, 2012, pp. 352, euro 18,50)
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