“Le leggi della frontiera” di Javier Cercas
di Roberto Nugnes / 19 luglio 2013
Javier Cercas parte da subito con ciò che gli è più congeniale, ovvero intervistando due dei protagonisti della storia che racconta, da abile giornalista e narratore distaccato della recente storia spagnola quale è. Il suo ultimo romanzo, Le leggi della frontiera (Guanda, 2013), unisce infatti capacità investigative e romanzesche, senza che l’una prenda il sopravvento sull’altra, in una perfetta alchimia che lo scrittore trova con metodo e creatività.
A Gerona, nella Spagna post franchista, tutto ciò che era stato nascosto dalla dittatura e reso invisibile agli occhi della popolazione ritorna con prepotenza, e le differenze sociali e generazionali, appiattite e soffocate per anni in nome di un ideale totalitarista, danno vita a un malessere generale che trova facile sfogo nella delinquenza giovanile.
Tutto viene improvvisamente classificato, e le distinzioni culturali sembrano avviarsi verso derive opposte.
Ignacio Cañas, detto Gafitas, è un ragazzo della media borghesia, silenzioso, bersaglio preferito di fastidiosi bulli di scuola.
La storia comincia quando decide di varcare la linea che divide la città in due parti, oltre il fiume, laddove non ci sono case ma solo baracche e randagi. L’incontro fatidico avviene con un certo Zarco, all’anagrafe Antonio Gamallo, piccolo delinquente di strada ma già con idee chiare e aspirazioni da capo. Al suo fianco i membri della sua gang, ragazzi disagiati, abbandonati a se stessi da istituzioni e famiglia, tra i quali spicca la figura di Tere, ragazza perduta, misteriosa e affascinante, complice e amica particolare di Zarco. La ragazza diverrà ben presto amante di Gafitas, dando da subito inizio a un triangolo amoroso indefinito, in cui nessuno dei tre sembra voler prevaricare sull’altro.
Tra i due ragazzi s’instaurano così le basi di un’amicizia virile, che nel corso degli anni vive di alti e bassi, di diffidenza, ma anche di profonda complicità mai del tutto dichiarata. Per Gafitas cominciano così le «cattive compagnie», quelle da cui suo padre stenta a tenerlo alla larga.
La banda comincia a farsi strada, un nome, a essere riconosciuta; e il passo che li separa dagli scippi e i furti d’auto agli assalti in banca a mano armata, è breve. Sembra inevitabile che questa fosse corsa non venga, a un certo punto, interrotta di colpo, come spesso accade: e allora ecco che arrivano gli arresti, un presunto tradimento, la morte.
Solo Gafitas riesce a scampare alla galera, mentre Zarco, nome ormai famoso in tutto il paese, icona classica del criminale bello e maledetto, accresce la sua popolarità.
La seconda parte del romanzo si apre dopo un lunghissimo salto temporale: scopriamo che Gafitas è diventato un abile avvocato, e Zarco, il criminale, l’amico fraterno da salvare da interminabili anni di prigione.
Cercas, con abilità, trasforma la storia, portandoci verso un’analisi dei fatti che diventa sempre più fitta, e dando così inizio al racconto processuale, ben orchestrato, e grazie a frequenti rivelazioni e flashback, sempre più ricco di spunti e rivelazioni. Lo scrittore ci regala un affresco che è allo stesso tempo romanzo storico e indagine sociale, il tutto esposto con grande potenza narrativa; senza arrivare a conclusioni chiare, ma lasciando il lettore disorientato dinnanzi a una verità impalpabile.
(Javier Cercas, Le leggi della frontiera, trad. di Marcella Uberti-Bona, Guanda, 2013, pp. 394, euro 18)
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