<?xml version="1.0" encoding="UTF-8"?><rss version="2.0" xmlns:content="http://purl.org/rss/1.0/modules/content/" xmlns:wfw="http://wellformedweb.org/CommentAPI/" xmlns:dc="http://purl.org/dc/elements/1.1/" xmlns:atom="http://www.w3.org/2005/Atom" xmlns:sy="http://purl.org/rss/1.0/modules/syndication/" xmlns:slash="http://purl.org/rss/1.0/modules/slash/" > <channel> <title>Carlo Betocchi – Flanerí</title> <atom:link href="http://www.flaneri.com/tag/carlo-betocchi/feed/" rel="self" type="application/rss+xml" /> <link>http://www.flaneri.com</link> <description>Rivista di cultura e di narrativa</description> <lastBuildDate>Fri, 03 Mar 2023 10:00:48 +0000</lastBuildDate> <language>it-IT</language> <sy:updatePeriod>hourly</sy:updatePeriod> <sy:updateFrequency>1</sy:updateFrequency> <generator>https://wordpress.org/?v=4.7.29</generator> <item> <title>Carlo Betocchi e la storia</title> <link>http://www.flaneri.com/2016/04/21/carlo-betocchi-la-storia/</link> <pubDate>Thu, 21 Apr 2016 20:56:11 +0000</pubDate> <dc:creator><![CDATA[Fabrizio Miliucci]]></dc:creator> <category><![CDATA[articoli]]></category> <category><![CDATA[LaCritica]]></category> <category><![CDATA[Libri]]></category> <category><![CDATA[Carlo Betocchi]]></category> <category><![CDATA[Fabrizio Miliucci]]></category> <guid isPermaLink="false">http://www.flaneri.com/?p=20010276</guid> <description><![CDATA[<p>La poesia di Betocchi sorge sulla poesia italiana degli anni Trenta come un’alba silenziosa e nuova. 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Dalle pagine di <i>Il Frontespizio</i>, la rivista da cui si staccherà un gruppo di intellettuali “dissidenti” che getteranno le basi per una stagione di altezze verticali e inespugnabili nel disegno di una <i>letteratura come vita</i>, il cattolicesimo «pasquale e creaturale» di Betocchi risuona, con tutti gli armonici di un Ottocento ancora vitale, della gioia e del mistero della (ri)nascita, all’indomani della fine della Grande Guerra.</p> <p>Si capirebbe molto poco del periodo dell’<i>entre-deux-guerres</i> e di tutto quello che è venuto dopo nel panorama della nostra poesia e storia spirituale, ignorando un autore ormai quasi estromesso dal canone novecentesco come Betocchi. Padre, anzi fratello maggiore dei prossimi Luzi e Caproni, ma anche di autori insospettabili come Emilio Villa (su cui ci ripromettiamo di tornare), Betocchi cantò con accenti oggi quasi incomprensibili la dignità del dolore e la bellezza e la purezza («l’odore casto e gentile» dirà Penna) della povertà.</p> <p>Diciottenne, aveva partecipato insieme ai suoi colleghi del ’99 alla rotta di Caporetto, scrivendo negli anni presaghi dell’<i>altra guerra</i>, quando il fascismo cominciava a farsi rampante nella sua smania di egemonia, un resoconto in due puntate recentemente ripubblicato dall’editore Raffaelli di Rimini: <i>L’anno di Caporetto</i>:</p> <p>«Che cosa è in questa vastità tetra e fragorosa, pur nel suo silenzio viscido e quasi mortale, quanto ho raccontato e quanto sto per raccontare io a proposito di infinite inezie? Ero uno di quella moltitudine e quello che io vedevo, certo, faceva parte di tutto il tragico quadro al quale insieme concorrevamo: ma con quale timore rinnovo la mia memoria, le cose da nulla che mi occorrevano, le ricerco, le soppeso e quante volte ripetutamente rimango accasciato e pieno di sfiducia su queste pagine!» (C. Betocchi, <i>L’anno di Caporetto</i>, Raffaeli, 2014, p. 38)</p> <p>Nel 1932 esce la sua prima raccolta, <i>Realtà vince il sogno</i>. In essa si condensa il punto di partenza di un autore che avrà negli anni uno sviluppo decisivo nella descrizione esistenziale di una vita sondata sin nei più nascosti recessi sentimentali e psicologici, e di una fede vissuta sempre con un’ombra di sospetto sul cuore. Ma per ora gli scenari betocchiani sono quelli della Toscana rurale e cantante dove aveva vissuto la giovinezza, nonostante fosse nato a Torino. Uscite importanti sono ancora <i>Altre poesie</i> (1939); <i>Il vetturale di Cosenza</i> (1959); <i>L’estate di San Martino</i> (1961) e <i>Un passo, un altro passo</i> (1967) che inaugurano una stagione di lunga e sofferta vecchiaia in cui il tono si fa più discorsivo dilatandosi in lunghe lasse di versi.</p> <p>Per questo poeta tutto raccolto nel mistero dell’uomo si è di rado messa in rilievo l’adesione dolente a una storia che condensa il cuore nero del Novecento, e che emerge anche nei più insospettati paesaggi sospesi su un senso di imminente fatalità, quando invece non compare nell’interezza della sua devastazione, come in <i>Rovine 1945</i>:</p> <p>Non è vero che hanno distrutto<br /> le case, non è vero:<br /> solo è vero in quel muro diruto<br /> l’avanzarsi del cielo</p> <p>a piene mani, a pieno petto,<br /> dove ignoti sognarono,<br /> o vivendo sognare credettero,<br /> quelli che son spariti…</p> <p>Ora spetta all’ombra spezzata<br /> il gioco d’altri tempi,<br /> sopra i muri, nell’alba assolata,<br /> imitarne gli incerti…</p> <p>e nel vuoto, alla rondine che passa.</p> <p> </p> <p>Sulla sospensione reiterata di quei tre puntini che mozzano la frase indicibile sta il segreto di una umanità che prova a rialzarsi nell’assurda certezza del proprio dolore («non è vero… solo è vero»). Il cielo, sembra dire un Betocchi <i>flâneur</i> delle rovine, può pesare sulle coscienze più di una maledizione. Nella verità e nella realtà di una condizione il più vicino possibile alla elementarità dell’uomo risuona l’eco della perdita e dell’assenza, stemperata sulla figura cristologica, salvifica e terribile, della rondine che passa. Tuttavia la perdita e l’assenza di Betocchi non indulgono mai al cupo ripiegamento dell’anima, e conservano in sé una forza creatrice che ben descrive ciò che, passiti i primi giorni di quel <i>’45</i> evocato nel titolo, diventerà la voglia di riscatto della ricostruzione.</p> <p>Quello che i poeti della generazione successiva hanno imparato da Betocchi forse più che da chiunque altro è stato descrivere per via di suoni elementari ma forti, spezzati, il fragore interiore degli eventi storici, individuali e generazionali. I ritmi furiosi e l’accavallarsi di suoni base nelle assonanze di i/e/o («a <b>piene</b> mani, a <b>pieno</b> p<span style="text-decoration: underline;">etto</span>, / dove i<i>gn</i>oti so<i>gn</i>arono, / o vivendo so<i>gn</i>are cedettero») o nell’iterazione delle a («Ora <span style="text-decoration: underline;">spetta</span> all’ombra <span style="text-decoration: underline;">spezz<i>a</i></span><i>ta</i> / il gioco d’altri tempi, / sopra i muri, nell’alba assol<i>ata</i>») rappresentano il più vivo esempio di una composizione che unisce la volontà descrittiva al resoconto subliminale di uno stato d’animo scosso e pronto a reagire. Ancora alcuni versi di guerra da <i>Isernia</i>: «[…] M’han parlato col cuore qui ad Isernia, / in tanti; e mi sentii inverdire, addosso, / gli stinti panni di guerra del quindici, / quando infittivan reggimenti / come di foglie, è canto d’Ungaretti, / su cui passava l’autunno».</p> <p>Betocchi è un poeta dalle aperture folgoranti, dalle descrizioni piene di grazia ed energia, dalle ripetizioni perentorie e dalle negazioni desolate e risentite. La sua vicenda poetica, oggi un po’ abbandonata, conduce al cuore del secolo e del contrasto non per via intellettuale ma seguendo le tracce di un «muto discorso anonimo» che cercava così di farsi universale.</p> <p> </p> <p><i>Dai tetti</i></p> <p>È un mare fermo, rosso,<br /> un mare cotto, in un’increspatura<br /> di tegole. È un mare di pensieri.<br /> Arido mare. E mi basta vederlo<br /> tra le persiane appena schiuse: e sento<br /> che mi parla. Da una tegola all’altra,<br /> come da bocca a bocca, l’acre<br /> discorso fulmina il mio cuore.<br /> Il suo muto discorso: quel suo esistere<br /> anonimo. Quel provocarmi verso<br /> la molteplice essenza del dolore;<br /> dell’unico dolore:<br /> immerso nel sopore,<br /> unico anch’esso, del cielo. E vi posa<br /> ora una luce come di colomba,<br /> quieta, che vi si spiuma: ed ora l’ira<br /> sterminata, la vampa che rimbalza<br /> d’embrice in embrice. E sempre la stessa<br /> risposta, da mille bocche d’ombra.<br /> – Siamo – dicono al cielo i tetti –<br /> la tua infima progenie. Copriamo<br /> la custodita messe dei tuoi granai.<br /> O come divino spazia su di noi<br /> il tuo occhio, dal senso inafferrabile.</p> <p> </p> <p>L'articolo <a rel="nofollow" href="http://www.flaneri.com/2016/04/21/carlo-betocchi-la-storia/">Carlo Betocchi e la storia</a> sembra essere il primo su <a rel="nofollow" href="http://www.flaneri.com">Flanerí</a>.</p> ]]></content:encoded> </item> </channel> </rss>