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“I perdenti”. Conversazione con Maria Clausi

di Matteo Chiavarone / 16 aprile

Tra le novità in libreria c’è un piccolo e interessante romanzo, I perdenti, che rappresenta un vero e proprio debutto per l’autrice Maria Clausi. L’opera s’insinua dentro i mali del nostro paese (le perversioni del sistema, gli odi nascosti e pronunciati, l’illegalità) con una spinta che viene da un forte bisogno di sociale e da una ricerca della fede che non vuole cessare di esistere.

Ciao Maria, grazie dell’intervista. I perdenti è il tuo romanzo d’esordio, un libro forte, intenso, capace di incunearsi in quel pertugio profondo o oscuro che abbiamo nella nostra coscienza. Ma anche un libro capace di guardare avanti per ripartire dopo ogni caduta. Vuoi raccontare ai nostri lettori chi sono questi “perdenti”?

I perdenti sono coloro i quali non si piegano alle regole perverse di questa società. Sono coloro i quali rimangono fedeli ai loro principi e che, nonostante tutto, cercano di vivere onestamente. Sono considerati  perdenti dai furbi e dai disonesti; in verità i veri perdenti sono i corrotti, perché ciò che è pieno di gloria davanti agli uomini è abominevole davanti a Dio.

Il tuo in un certo senso è un romanzo di denuncia, non tanto verso qualcuno ma verso la direzione che ha intrapreso la nostra società. Qual è la via, se esiste, per uscire fuori da questi meccanismi perversi?

La via è la rivoluzione culturale che serve con urgenza alla nostra società. Occorre educare, soprattutto le nuove generazioni, all'onestà, alla correttezza, all'altruismo e alla legalità.

Le persone oneste e “pure” sono davvero condannate alla solitudine?

Spero di no, perché, anche se sono una minoranza, esistono e operano silenziosamente per la costruzione di una nuova società.

Due temi fondamentali come l’esistenza di Dio e il passaggio tra la vita e la morte possono essere la sintesi di questo tuo primo lavoro. Perché sono così importanti? Non sarebbe meglio pensarci alla fine di tutto a cosa c’è dopo?

Che cosa significa alla fine di tutto? Bisogna interrogarsi sull'esistenza di Dio e sulla vita oltre la morte perché questo serve per decidere in che modo vivere la propria esistenza ed il proprio rapporto con gli altri. Sono assolutamente certa che ogni singolo uomo si chiede se Dio esiste e se ci sarà una vita dopo questa vita, qualunque sia la sua condizione sociale, economica, culturale. Nessuno può vivere senza interrogarsi su Dio, proprio per questo si è uomini.

Com’è stato questo approccio alla narrativa? È un romanzo che pensavi da tempo o è nato così in breve tempo? Ti sei trovata bene all’entrata con il mondo editoriale?

Io scrivo da quando ero una bambina. Non sono padrona della scrittura, ma è la scrittura che possiede me. I miei personaggi vivono dentro di me, li vedo e li sento e poi li metto sulla carta.

Sul mondo editoriale ci sarebbe molto da discutere. In questa sede, in maniera assai sintetica, posso dire che ho capito sulla mia pelle che i grandi editori non pubblicano libri, ma pubblicano solo nomi per produrre profitti. Molti piccoli tentano, invece,  di speculare sui sogni o sulle illusioni di tanti poveracci. Tutto questo accade a discapito del talento che non viene più ricercato da nessuno.

Come sta andando il libro? Stai avendo i primi riscontri?

Credo sia ancora troppo presto per esprimere un giudizio su come stia andando il libro. Posso solo dire che spero che il messaggio giunga a molti perché il mio vero desiderio è questo.