Libri
“Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Peter Cameron
di Dario De Cristofaro / 23 aprile
Un giorno questo dolore ti sarà utile, di Peter Cameron, è uno di quei libri che appena l’hai terminato di leggere ti rammarichi d’esser stato tanto rapido e ingordo nel giungere all’ultima pagina.
Un libro che, fin dal titolo, sembra che parli di emozioni vere, d’intimità reale, di vita vissuta. Una storia, quella di James Dunfour Sveck, capace di raccontare un frammento di ognuno di noi.
Il protagonista del libro di Cameron è, appunto, il giovane diciottenne James Dunfour Sveck, una sorta di Holden Caulfield contemporaneo, che vive in una New York “post-undici settembre”. Sociopatico e misantropo, James si trova a dover decidere del proprio futuro imminente: seguire la strada maestra impostagli da società e famiglia o optare per uno stoico esilio in qualche piccolo paese dell’Indiana, lontano dalla cosiddetta “civiltà cittadina”. Un personaggio al bivio, dunque, che tra paure e verità non ammesse, cerca di divincolarsi dai legami, dal peso dei luoghi comuni, dalle ipocrisie moderne, dalla superficialità dei rapporti umani.
Attraverso una prosa scorrevole, mai banale, e un uso sapiente dell’ironia, Cameron ci regala un affresco sincero e disilluso di quello che è il mondo d’oggi, perso nel vortice del tempo che fugge e della costante ascesa sociale, ma incapace, paradossalmente, di prendersi cura di sé, di crescere individui sani e felici. L’autore riesce, infatti, a mostrarci, attraverso gli occhi disillusi del protagonista la falsità dell’apparenza, del voler sembrare a discapito del voler essere, mettendo in luce, così, i continui fraintendimenti che si vengono a creare, le frustrazioni, le interruzioni di quella sacra comunicabilità che ci rende umani.
Un giorno questo dolore ti sarà utile si rivela essere, dunque, un libro limpido, schietto, “politicamente non corretto”. Un libro capace di divincolarsi dal buonismo americano, basato su un ingiustificato ottimismo esistenziale. Col cinismo necessario, Cameron riesce, così, a stigmatizzare una generazione persa dietro traumi collettivi e falsi rituali alla moda, non deludendo affatto le attese per il suo terzo romanzo, ma, anzi, confermandosi, anche in questa occasione, un attento osservatore delle cose umane, in grado di regalarci pagine di raffinato lirismo che difficilmente finiranno nel comune dimenticatoio.