Varia
“La Mennulara” di Walter Pagliaro – Intervista a Raffaella Bella
di Maria Luisa Maricchiolo / 16 gennaio
Donne. L’altra metà del cielo. È all’insegna di questo tema conduttore che si è aperta la stagione teatrale 2011/2012 del Teatro Stabile di Catania. Dal 2 al 23 dicembre è andata in scena La Mennulara, adattamento teatrale dell’omonimo romanzo del 2002 ed esordio narrativo di Simonetta Agnello Hornby.
È la storia di una donna, Maria Rosaria Inzerillo, detta Mennù, forte come la terra che l’ha generata. Un archetipo del femminile e della Sicilia. Una donna che come un deus ex machina muove, in un gioco postumo, le pedine senz’anima impalate sulla scacchiera del paese e della famiglia che ha servito per una vita intera.
L’azione infatti ha inizio con la morte di Mennù, serva e criata di casa Alfallipe. Esplode il complesso di verità e apparenze. C’è da organizzare un funerale per una donna che era sempre stata serva ma verso cui tutti, in misura variabile, hanno un debito morale; e ci sono delle istruzioni da seguire per ottenere il misterioso tesoro/eredità della Mennulara, amministratrice dei beni di famiglia.
È una gara d’astuzia che gli avidi e sfiduciati di Casa Alfallipe perdono, ed è anche una lotteria di ipotesi sulla vita e la condotta di una donna impenetrabile nella sua essenza.
La messa in scena, con la regia di Walter Pagliaro, accentua il senso di stasi e di ottundimento di tutti i personaggi che ruotano attorno alla Mennulara. Frequenti i ricorsi a scene corali che sono dei tableau viventi, e che si incorniciano riflessi in un grande specchio obliquo in alto a ridosso della quinta.
Servi e padroni si muovono come pupi manovrati dalla mano invisibile di Mennù, tanto che i gesti sfiorano movenze meccaniche, esasperati e come calamitati dalla terra.
Il carico di azioni e reazioni, dolci come violente, è affidato a Mennù, interpretata dall’intensa Guia Jelo.
La Jelo, energica e appassionata, riesce e trasporre sul palco tutto il dolore e il coraggio di una donna che è arrivata al limite e che ha portato sul suo corpo il peso di una vita strattonata e ingiuriata, e con grande intelligenza ricostruita.
Commuove e trasporta la scena finale, che vede il suo trionfo ricongiungendo circolarmente il suo soprannome al suo destino.
Oltre Guia Jelo, sulla scena ricordiamo Pippo Pattavina, sempre misurato e senza sbavature, nel ruolo di Orazio Alfallipe.
Il merito va riconosciuto altresì al resto della compagnia, che ritorna più volte sul palco anche in panni diversi e in una maratona di sincronia e intesa.
Lo spettacolo però ha la pecca di risultare in certi tratti prolisso, dilatando oltremodo l’avvicendarsi degli eventi (che comunque non seguono un ordine cronologico ma un alternarsi di flash back in cui appare, appunto la Mennulara) e smarrendo la compattezza temporale. Molti degli inserti descrittivi, pur rientrando in una precisa scelta di regia e volendo costituire un omaggio alla curate descrizioni del romanzo, appesantiscono il dramma e lasciano interdetti, in attesa che l’elemento narrativo e teatrale torni a riguadagnare la scena.
Di seguito vi proponiamo l’intervista a una delle attrici del cast de la Mennulara: Raffaella Bella.
Raffaella Bella è una giovane attrice siciliana, diplomatasi all’Accademia d’Arte Drammatica “Umberto Spadaro” del Teatro Stabile di Catania. Si è formata e ha lavorato con registi di chiara fama. Ha duettato con attori come Ida Carrara in una serie di reading su autori come Oriana Fallaci, Dacia Maraini e Alda Merini; e con Pippo Pattavina cimentandosi nel ruolo di Mommina di Questa sera si recita a soggetto di Luigi Pirandello nello spettacolo Memorie di un suggeritore prodotto nella scorsa stagione dal Teatro Stabile di Catania. Ha girato l’Italia in tournée con spettacoli come Pipino il breve con Tuccio Musumeci e La lunga vita di Marianna Ucrìa con Mariella Lo Giudice. Ha recitato non solo in teatro ma anche davanti la macchina da presa, tanto che nel 1999 ha vinto il premio come miglior attrice protagonista nella rassegna per cortometraggi “Tracce audiovisive” e nello stesso anno Il Kaliggi D’argento come attrice emergente a Taormina. Ha partecipato come coprotagonista nel pluripremiato mediometraggio Campioni del mondo, regia di Alessandro Marinaro, andato in onda sulla rete televisiva La7 per la trasmissione La 25ma ora.
Raffaella Bella, insomma, vanta un curriculum di tutto rispetto e abbiamo deciso di intervistarla perché è un esempio di giovane artista, che ha studiato e si è preparata per ottenere i suoi risultati e successi; facendo tanta gavetta. E ogni volta che ci riusciamo, ci piace sentire voci nuove e appassionate. Come in questo caso.
Diplomata all’Accademia del Teatro Stabile di Catania, cosa prova ogni volta che torna a recitare sullo stesso palco in cui ha studiato e si è formata professionalmente?
In realtà non l’ho mai vissuto come un ritorno, è un po’ come con quell’amico con cui sei cresciuta e hai condiviso momenti intensi, magari non lo vedi per un po’ ma quando lo incontri ti senti a casa ed è come se non te ne fossi mai andata.
La Mennulara è il dramma di una donna ma anche un’opera corale. Come è stato recitare in quest’opera in cui entra in scena con ruoli diversi?
Sì, in effetti il personaggio de La Mennulara è quasi un’eroina tragica, che però viene supportata dal coro che per un verso ne subisce la sua forza e per l’altro illumina la via verso la comprensione dell’anima di questo personaggio. Detto ciò non è inusuale per un attore interpretare più ruoli all’interno di uno stesso spettacolo, è un po’ la magia di quel luogo deputato che è il palcoscenico, dove tutto o quasi è possibile. Questa magia è per me la forza attrattiva, la magia dell’atto creativo, come su una tela può starci il mare o il cielo e noi lo vediamo, ci crediamo e lo riconosciamo.
Il teatro in Sicilia e il suo pubblico. Quale scenario intravede in questo momento e cosa spera per il futuro?
Non ha una domanda di riserva? Va bene, a parte lo scherzo non amo i catastrofismi. È vero che a livello nazionale sappiamo benissimo che non stiamo passando un bel momento in generale. Ma è vero anche che l’artista quando soffre è più ispirato e allora questa ferita aperta che hanno inferto al teatro, al cinema e alla cultura in generale potrebbe produrre qualità maggiore, per un pubblico sempre più esigente, per fortuna, come quello siciliano. Pubblico che comunque aspetto numeroso e caloroso, come sempre, per la ripresa de L’Avaro di Molière, con protagonista Pippo Pattavina e me, nel ruolo di Mariana. Saremo a breve ad Acireale, in provincia di Catania e in provincia di Siracusa.