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Intervista doppia: Nicola Lagioia e Antonella Lattanzi
di Ornella Spagnulo / 5 luglio
Nicola Lagioia, nato nel 1973, già autore di vari libri tra cui Occidente per principianti, lavora per Minimum Fax dove si occupa della collana sulla narrativa italiana. Da poco è uscito per Einaudi il suo romanzo Riportando tutto a casa.
Antonella Lattanzi, nata nel 1979, ha pubblicato quest’anno, sempre con Einaudi, il suo primo romanzo, Devozione, la storia di un’eroinomane, Nikita, e del suo fidanzato Pablo.
Entrambi sono di Bari e descrivono i problemi della società attuale, in particolare dei giovani.
Quali sono i vostri riferimenti letterari?
NICOLALAGIOIA Ho amato molto Beppe Fenoglio e i primi libri di Aldo Busi. Rileggo volentieri William Faulkner e la scoperta degli ultimi anni è stata Roberto Bolaño, cileno: ha rivoluzionato il genere romanzo degli scrittori americani di fine ’900.
ANTONELLA LATTANZI Il mio libro preferito è Il maestro e Margherita, l’ho letto varie volte. Mi piace molto anche Philip Roth, invece tra gli italiani adoro Fenoglio, soprattutto La questione privata, poi Vittorini, Calvino e anche Walter Siti e Domenico Starnone.
Quali sono le vostre dipendenze, nel bene e nel male?
NICOLA LAGIOIA Qualsiasi scrittore ha una dipendenza per la scrittura. Un libro può tenerti occupato per due, tre anni in cui ti occupi sempre della stessa cosa. Se questa dipendenza non c’è, se la scrittura non ti chiama a sé non scrivi un libro. È una forma di urgenza, e anche un’esperienza conoscitiva. È qualcosa che sta a metà tra l’esorcista e lo scienziato, hai a che fare con i tuoi demoni e come uno scienziato vuoi scoprire le leggi che governano la vita dell’uomo. Come il mito di Faust, che alla conoscenza sacrificherebbe tutto.
ANTONELLA LATTANZI La scrittura è una dipendenza: quando va bene, va tutto bene, quando invece va male, va tutto male. E deriva da un’altra dipendenza: quella per la lettura. All’inizio, quando arrivai a Roma mi sentivo sola e lessi “Amabili resti”: mi sentii subito felice. Sono anche dipendente dalle sigarette, dal computer e dai miei genitori.
Quali sono i vostri rapporti con la terra d’origine?
NICOLA LAGIOIA Ho un rapporto non riconciliato con Bari, quando ci torno la mia vita affettiva è altrove. A Bari però si è popolata la mia prima vita affettiva, la prima fidanzata…Sono contento invece di questa primavera pugliese, del fermento della Puglia in questi anni, ma è da prendere con le molle, vediamo cosa succede…Certo sarebbe bello un rinnovamento del sud.
ANTONELLA LATTANZI Con la mia terra ho un rapporto di odio e amore. Ho imparato ad amarla solo quando me ne sono andata perché da lontano ho capito il valore di certe cose. Mi manca per esempio l’odore del mare. A Bari si sente l’odore del mare ovunque stai. Non ci torno spesso perché il distacco è sempre doloroso, però ci penso, mi sento barese.
Quando è nata la voglia di diventare scrittori?
NICOLA LAGIOIA Non so, penso quando ho cominciato il primo anno dell’università. L’importante è non prenderla come una carriera, perché è una continua scommessa con il fallimento. Per arrivare a una scoperta, uno scienziato fa tanti passi falsi prima di trovare la soluzione. Così quando stai scrivendo qualcosa capita che scrivi diverse pagine e poi le butti, succede.
ANTONELLA LATTANZI Andavo a scuola dalle suore, in terza elementare, una volta, il titolo del tema era: “Vi parlo di me”. Io scrissi che da grande volevo fare la scrittrice, che volevo scrivere storie per far ridere e far piangere. Avevo anche disegnato la copertina di un libro, era gialla e sopra c’era scritto: “Il mio primo libro”. Ho iniziato scrivendo racconti. Poi cominciavo romanzi che non finivo, perché ci vuole maturità stilistica per portarli avanti. Questa è la prima volta che ho padronanza della tecnica della scrittura. E questo romanzo parte da un racconto sull’eroina. Avevo scritto tanti racconti su prostituzione, sesso, pedofilia. Il lettore sente la sincerità dell’autore e l’importante è parlare di ciò che si sente dentro. Ci è voluto molto coraggio per scrivere questa storia.