Cinema
[RFF9] “Guardiani della galassia” di James Gunn
di Francesco Vannutelli / 22 ottobre
Evento speciale nella sezione collaterale Alice nella Città, martedì al Festival Internazionale del Film di Roma, con la proiezione in anteprima di I guardiani della galassia, ultimo titolo targato Marvel Studios che ha incassato finora più di settecento milioni di dollari in tutto il mondo.
All’origine c’è, come sempre, un fumetto, questa volta ideato da Arnold Drake e Gene Colan, comparso per la prima volta nel 1969, con un reboot nel 2008. Non è una delle serie di maggior successo della casa statunitense, eppure I guardiani della galassia è probabilmente il miglior film Marvel visto al cinema finora.
Siamo nel 1988. Peter Quill è un bambino seduto su una sedia nel corridoio di un ospedale. Ascolta musica con il suo walkman. Sulla cassetta, su un pezzo di scotch di carta, è scritto a penna “Awesome Mix”. Quella cassetta gliel’ha preparata sua madre, che ora sta morendo in un letto poco lontano da lui. Peter non ha un padre, o meglio non l’ha mai conosciuto, ma verrà a prenderlo, dice sua madre, quando lei non ci sarà più. E quando la donna si spegne e il bambino è solo, fuori dall’edificio a piangere il suo dolore, un’astronave arriva a portarlo via. Ventisei anni dopo, Peter Quill è diventato un predone spaziale del gruppo dei Ravenger. Vorrebbe essere chiamato Starlord, ma nessuno gli dà retta. Del suo passato di terrestre ha conservato la cassetta che ascolta in ripetizione sulla sua astronave scassata e un sistema di riferimenti rigidamente basato sulla cultura pop. Quando entra in possesso di una misteriosa sfera, Quill si ritrova a essere un fuorilegge ricercato in tutta la galassia, con una coppia di cacciatori di taglie formata da un procione mutante e da un albero animato a dargli la caccia, e l’assassina dalla pelle verda Gamora pronta a recuperare l’artefatto a ogni costo. Da quella sfera dipende la sorte del pianeta Xandar, minacciato dal folle Ronan, e probabilmente il futuro dell’intero universo.
La squadra dei Guardiani della galassia – formata da Starlord, Gamora, dal procione Rocket, dall’albero Groot (che dice solo «Io sono Groot», nient’altro), a cui si aggiunge Drax il distruttore, un corpulento e ottuso guerriero in cerca di vendetta contro Ronan – non ha l’appeal cinematografico degli Avengers. Nessun retroterra cinematografico come per The Avengers, pochi i volti noti, con Chris Pratt che interpreta Quill che si è visto finora in ruoli secondari in film importanti (Zero Dark Thirty, Her) e nella serie tv Parks and Recreation, poco noto il regista James Gunn, se non per i suoi lavori al confine con i b-movies per la Troma Productions. È proprio per questo che le premesse sono ottime. Perché in combinazione con un marchio poco noto come quello del fumetto, alla Marvel sono stati liberi di inventare e spaziare con la fantasia, lontani dall’ortodossia dell’albo che ha richiesto finora l’adattamento dei personaggi più famosi.
I Guardiani della galassia ha tutto il potenziale per diventare un film (e poi una serie, visto che è già stato confermato il secondo episodio) adatto anche a chi non sia un appassionato di cine-comic. Perché il film di Gunn ha tutto quel bagaglio di azione e autoironia che lo pone in collegamento diretto con classici intoccabili della cinematografia popolare come Guerre Stellari (la prima trilogia, ovviamente), come Ritorno al futuro, come Indiana Jones. È evidente che l’effetto ricercato sia proprio quello della nostalgia, basta la presenza del walkman, basta la colonna sonora che si regge su classici soul anni Settanta e Ottanta, basta l’elevazione a leggenda della storia di Footloose con cui Quill prova a strappare un bacio a Gamora.
James Gunn, che scrive anche con Nicole Perlman, è lasciato libero di contaminare di comicità dissacrante tutto quello che vuole. Con J.J. Abrams, che ha già raddrizzato le sorti di Star Trek e ora è chiamato alla stessa impresa con l’episodio VII di Guerre Stellari, Gunn diventa uno dei riferimenti della nuova fantascienza e del nuovo cinema d’azione, in quella tradizione che vede in George Lucas e Steven Spielberg i modelli di venerato riferimento.
C’è molta scorrettezza, ma senza esagerare, il giusto grado di turpiloquio. E poi c’è lo spettacolo, puro e semplice, di inseguimenti e battaglie e combattimenti. Basterebbe solo questo, solo l’elemento spettacolare, a farne un gran film. Ci si aggiunge un sistema di personaggi che funziona alla perfezione, un susseguirsi di giochi interni e riferimenti esterni che avvolge. È un meccanismo perfetto, puro intrattenimento, di altissima qualità.
Per i puristi del marchio, comunque, I guardiani della galassia si colloca perfettamente nel cosiddetto “Marvel Cinematic Universe” che vuole tutti i film di casa Marvel collegati, in qualche modo, l’uno all’altro. Appare Il Collezionista, il personaggio interpretato da Benicio Del Toro anticipato nel finale di Thor: The Dark World, appare Thanos, l’ultracattivo già visto in The Avengers. Insomma, pur essendo lontani dalla Terra siamo sempre nella stessa galassia, con nuovi guardiani.
(Guardiani della galassia, di James Gunn, 2014, fantascienza, 121’)