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Libri

“Io sono vivo, voi siete morti”
di Emmanuel Carrère

Torna in libreria la biografia romanzata di Philip Dick

di Michele Lupo / 12 luglio

C’era già in Italia una traduzione di Io sono vivo, voi siete morti, il libro che molti anni fa Emmanuel Carrère dedicò a Philip Dick, ma una nuova edizione targata Adelphi con la copertina di Robert Crumb ci ha spinto a tornarvi sopra. A Crumb, celebre fumettista (nonché musicista), noto già negli anni gloriosi dell’underground americano, dobbiamo anche la copertina dello spassosissimo Karoo di Steve Tesich. Qui invece troviamo una tavola tratta da Religious Experience of Philip K. Dick. E questo, trattandosi di un libro di uno scrittore su un altro scrittore, significa aggiungere suggestioni a un racconto che ne è già pieno: dentro ci sono infatti Timothy Leary, I Ching, i freak di San Francisco, gli anni Sessanta e Settanta, letture teologiche e scientifiche, l’ambizione frustrata per una scrittura mainstream, cui per fortuna alla fine Dick seppe (o fu costretto a) rinunciare, la fatica per portare il genere fantascienza ai piani nobili dell’estetica letteraria (a prescindere dalla qualità convenzionalmente ritenuta non straordinaria della scrittura di Dick).

Leggiamo di Dick ma leggiamo ovviamente anche di Carrère che ci avvertiva già in Il Regno delle connessioni fra l’ossessione per lo scrittore americano e la sua stessa crisi religiosa.

La storia di una vita singolare (di cui molto si può sapere attraverso svariate fonti) adombra in realtà un asse concettuale preciso: l’eterna questione della realtà e della sua rappresentazione – faccenda capitale per tutti, per Dick in primo luogo e tema onnipresente della poetica di Carrère. Sì che una vita come quella di Dick era già spuria nel racconto che egli ne faceva a se stesso. Parliamo di un conclamato paranoico e consumatore compulsivo di pillole assortite ingoiate come caramelle, presunta vittima di complotti di ogni genere, alle prese con problemi psichiatrici, costantemente sull’orlo del collasso psichico (la prima esperienza con l’Lsd non fu esaltante: era già fatto di suo) – in maniera che nei personaggi dei suoi libri diventa apocalittica, come ognun sa.

Carrère peraltro non può dirsi un autore discreto – qui, in una biografia romanzata quante altre mai, il tono, lo scarto drammatico o al contrario la venatura comica di una situazione sono assai “interpretate”.

In Io sono vivo, voi siete morti, Carrère non nasconde di evincere circostanze biografiche (e umori soprattutto) dai romanzi del suo scrittore. Il rimando fra opere e biografia dunque è continuo. Capitolo donne, cinque mogli, capitolo religione alla ricerca di un senso che mettesse ordine all’enorme caso di allucinazioni incubi proiezioni, capitolo letteratura legato a una fantascienza a suo modo “politica” – e capitolo esoterico (?): dal momento in cui Dick scopre l’I Ching non fa più una scelta che non sia dettata o suggerita dal grande libro cinese (in un universo che di razionale non ha nulla, l’I Ching gli appare come una macchina in grado di comprenderlo interamente). E lo aiuta anche nelle situazioni d’impasse creativa, nelle direzioni da far prendere a una storia.

Pian piano, a partire da La svastica sul sole, il borderline incompreso e un po’ buffo comincia a conoscere il successo vero. Pian piano Dick si convince di essere un profeta, si appesantisce – pare creare intorno a sé un’enorme bolla di nevrosi misticheggiante nella quale sarà Carrère a dover galleggiare, non solo per descriverla, ma per uscirne vivo egli stesso, negli anni futuri, nel tentativo di prendere la distanza da una mente che troppo assomigliava a una parte della sua, come dimostreranno i libri successivi, fino all’impresa recente de Il Regno. Con un libro del genere, sotto il sole o l’ombrellone, lette tre pagine i turisti in costume appariranno per ciò che sono – extraterrestri.

 

(Emmanuel Carrère, Io sono vivo, voi siete morti,  trad. di Federica e Lorenza Di Lella, Adelphi, 2016, pp. 351, euro 19)

 

LA CRITICA - VOTO 8/10

Philip Dick raccontato da uno scrittore assai diverso eppure dominato da ossessioni non dissimili, quella capitale prima di tutte: che rapporto c’è fra realtà e sua rappresentazione?