Musica
“I See You” dei The xx
Conferme e ristagni per la band di Londra
di Luigi Ippoliti / 19 gennaio
Con I See You i The xx erano chiamati al salto di qualità definitivo. Quantomeno, era necessario da parte loro riuscire a staccarsi da un certo manierismo che aveva caratterizzato i primi due lavori. XX, l’esordio, li aveva imposti come nuovo fenomeno di quel mondo ibrido e sfocato che spazia tra l’indie pop e l’elettronica . Un paio di pezzi si stagliavano su tutti, “Intro” e “Crystalised”, avendo l’enorme pregio di riuscire a caratterizzare in maniera lampante l’estetica del trio. Il resto, poi, suonava come un tentativo fallito di toccare quei picchi senza mai riuscirci, facendo sì che tutto il lavoro pareva continuasse a girare a vuoto su se stesso. Coexist, invece, è stato il loro tentativo in tutto e per tutto non riuscito e piuttosto grigio di bissare il successo del primo. Una seconda prova clamorosamente mancata tra riproposizioni di se stessi e tentativi di strizzare l’occhio a non si sa bene quale tipo di pubblico, se al mondo dell’elettro-indie informale o dell’alt-pop d’occasione.
Nonostante questo, fino a oggi, attorno ai The xx si è sempre sviluppato un fortissimo hype – bisognerà capire quanto filtrato dai social – che ha portato I See You a essere uno degli album più attesi di quest’anno, non per reali aspettative musicali, ma come caso mediatico di un certo tipo di underground più approcciabile. Forse, questo interesse sull’interesse (che a sua volta foraggiava sicuramente l’immagine di cosa rappresentavano i The xx stessi) nasceva dal fatto che a un certo punto la band del Wandsworth è diventata un qualcosa di cui era imprescindibile sapere quantomeno il nome e l’esistenza.
Un’ambiguità di fondo, però, rimaneva sempre. Per quanto senza dubbio ben confezionati, i lavori della band inglese risultano sempre perfetti e vuoti, prodotti non da artisti ma da una sorta di staff del marketing che sa cosa produrre, quando farla uscire e perché. Li ascolti da H&M mentre provi i vestiti, da Starbucks mentre paghi un Caffè Mocha, in un bar a Berlino o uno sulla spiaggia mentre aspetti qualcosa da bere. Ascolti e non fai distinzione su cosa e chi sta suonando quel pezzo. La manifestazione della parte peggiore della globalizzazione. È musica che si confonde e si fonde con gli ambienti in cui viene fatta ascoltare. Quindi un negozio, un bar o un aeroporto non fa alcuna differenza.
La questione che si pone di fronte ai The xx, dunque, è sempre la stessa: sono quello di cui si parla quando si parla di loro, oppure sono solo il parlare attorno a loro? Con I See You, a conti fatti, pare che la risposta cada sempre sulla seconda di queste due possibilità.
Certo, la produzione dell’album targata Jamie XX, non può passare inosservata. L’autore di In Colour, che due anni fa aveva scosso l’intero panorama musicale elettronico, ha dato ai The xx maggiore sostanza e un tocco di maturità in più. Ma nonostante questo, anche I See You li conferma come artisti enigmatici che proseguono la loro carriera avvolti da un alone di inconsistenza e superficialità. In quest’ultimo lavoro, le voci riverberate di Oliver Sim e Romy Croft continuano a mischiarsi e a intercarmbiarsi come in precedenza, ci sono echi dei Beach House sparsi qua e là (“Say Something Loving”), campionature (di “I Lie di David Lang” in “Lips” e di Hall & Oates in “On Hold”), la sensualità alla Beth Gibbons (“Performance”), e niente di più oltre al costante incedere assonnato e ai riff di chitarra che ripercorrono sempre le stesse e identiche strade già battute.
Forse, il problema di fondo, rimane il fatto che la musica dei The xx va a colpire sempre le stesse zone del cervello, non riuscendo mai a interessarne altre. Così, il ristagno artistico ammesso in I See You sembra essere l’unica direzione o deriva scelta dalla band londinese.
(I See You, The xx, elettro-pop)
LA CRITICA - VOTO 5/10
Cinque anni di lavoro non sono serviti per tirar fuori qualcosa di significativo e di interessante. I See You ricalca l’ondata approssimativa di un elettro-pop che sembra appiattirsi sempre più su se stesso. Rimandati al prossimo album.