Cinema
“La La Land” di Damien Chazelle
Il musical riparte da qui
di Francesco Vannutelli / 27 gennaio
Film d’apertura dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia, trionfatore ai Golden Globes 2017 con sette premi, testa di serie per gli Oscar con quattordici nomination, un successo di pubblico enorme nonostante un genere ritenuto fuori moda. La La Land di Damien Chazelle è già entrato nella storia del cinema ed è destinato a rimanerci molto a lungo.
Ci voleva del coraggio per tornare a puntare sul musical, dalle parti di Hollywood. La stagione gloriosa dei grandi film è passata da un pezzo e gli ultimi tentativi di riportarli in auge hanno dato risultati incerti. Eppure, Damien Chazelle, il regista rivelazione di Whiplash, era convinto della sua idea già da anni. Il primo copione di La La Land è del 2010, quando il regista e sceneggiatore aveva solo venticinque anni e un film, Guy and Madeline on a Park Bench, passato e apprezzato esclusivamente nei circuiti dei piccoli festival. Dopo il successo di Whiplash, che ha trasformato i tre milioni di dollari di budget in quasi cinquanta di incasso e tre premi Oscar, l’idea di un musical moderno è sembrata d’improvviso molto interessante per tutti.
A Los Angeles (il titolo del film è un gioco di parole tra la sigla L.A. e “Lalaland”, termine inglese che indica uno stato di euforia mentale vicino alla pazzia), Mia sogna di diventare un’attrice e tra un provino e l’altro serve caffè in un bar dentro gli studios in cui vede passare ogni giorno le sue attrici preferite. Sebastian suona il pianoforte dove capita e spera un giorno di riuscire ad aprire il suo locale in cui difendere quel che resta del jazz. Quando si incontrano ci mettono del tempo a capire di avere bisogno l’uno dell’altra e quando arriva l’amore arrivano anche le prime occasioni di successo, e le incomprensioni.
Chazelle è riuscito nell’impresa di creare un musical moderno con grandi dosi di romanticismo e nostalgia. La La Land è un omaggio ai classici, da Cantando sotto la pioggia a Gioventù bruciata, perfettamente calato nella Los Angeles di oggi. È questo che stupisce, visivamente: la capacità assoluta di ogni comparto di riuscire a inserire elementi moderni in una cornice che risulta allo stesso tempo vintage e classica. Gli iPhone, i campionatori, youtube che si uniscono al vinile, alle auto, ai vestiti. Vieni fuori un mondo senza tempo, allo stesso tempo credibile e impossibile.
In questa cornice che è quasi un palcoscenico di Broadway, Mia e Sebastian sono i protagonisti assoluti della loro storia d’amore. Ryan Gosling e Emma Stone recitano insieme per la terza volta dopo Crazy Stupid Love e Gangster Squad. Fanno una grande coppia cinematografica. Lei è stata premiata con la Coppa Volpi a Venezia. In molti sostengono che la sua bravura sovrasta Gosling nel film, di sicuro il suo ruolo di aspirante attrice è più evidente e sfaccettato, le permette di affrontare più registri, di trasformare il personaggio con l’evoluzione della trama. Gosling è più statico ma conferma l’inattesa vena comica già mostrata in Nice Guys. Riesce a unire Gene Kelly, Buster Keaton e l’aria da duro di poche parole in una serie di piccole mosse, di labbra appena sollevate.
È una delle rare volte in cui nessuna delle quattordici nomination sembra esagerata. Vale la pena elencarle tutte: miglior film, miglior regia, miglior attore e attrice protagonista, sceneggiatura originale, fotografia, costumi, montaggio, colonna sonora, due canzoni, montaggio sonoro, sonoro, scenografia. Se non fosse per la doppia candidatura nella categoria miglior canzone originale ci sarebbe da aspettarsi l’en plein.
È difficile resistere al fascino di La La Land, alle suggestioni nostalgiche delle continue citazioni ai vecchi musical, a Los Angeles che non compariva così bella in un film da decenni, alle coreografie e alla colonna sonora così immediatamente orecchiabile. Basta la sequenza iniziale del traffico sul cavalcavia per capire di essere di fronte a un film che è destinato a durare nella memoria. E non è solo la leggerezza a colpire. Damien Chazelle dimostra il suo valore di regista cambiando completamente registro rispetto alla velocità di Whiplash. Qui si apre in piani sequenza eleganti che seguono i movimenti dei suoi personaggi, con la macchina da presa che entra a far parte dei numeri di ballo. E di fronte a quella che sembrerebbe essere una commedia romantica piuttosto convenzionale, la sceneggiatura riesce a spiazzare con una dose di realismo cinico che cambia tutta la prospettiva sul film.
La La Land è piaciuto praticamente a chiunque lo abbia visto e sta confermando la capacità di Chazelle di trasformare piccoli – in senso relativo – investimenti in grandi capitali, con i trenta milioni di budget già trasformati in quasi duecento al botteghino mondiale. Come è ovvio che sia, c’è comunque a chi non è piaciuto. C’è chi ha criticato l’immagine che viene data del jazz, completamente distaccata dalle evoluzioni più recenti, chi contesta la scelta di un attore bianco per interpretare un appassionato di un genere musicale “nero” come il jazz, chi l’immagine della donna intellettualmente sottomessa al maschio, chi il personaggio di Sebastian che viene definito «il peggior appuntamento che si possa mai avere». Addirittura qualcuno ha avuto da ridire perché nel film viene fatta dell’ironia su “Take on Me” degli a-ah. Sono tutti commenti che lasciano il tempo che trovano. La La Land riesce a mantenere un equilibrio perfetto tra le sue imperfezioni e la leggera e poetica nostalgia da cui è animato. È dedicato ai folli e ai sognatori, e viene voglia di esserlo.
(La La Land, di Damien Chazelle, 2016, musical, 126’)
LA CRITICA - VOTO 8,5/10
Omaggio al cinema classico e allo stesso tempo nuovo punto di partenza per il musical moderno, La La Land lancia Chazelle nel regno dei grandi di Hollywood e prenota il suo posto nella storia del cinema.