Libri
“Storie dal mondo nuovo” di Daniele Rielli
Reportage contemporanei da Huxley alla Val di Non
di Gabriele Sabatini / 6 marzo
Alzi la mano chi sa come campa un pokerista di professione, chi può dire che tipo sia Serpico nella vita reale, chi ha trascorso una notte in bianco al Mugello prima di una gara di Valentino Rossi ed chi è andato in Puglia per imbucarsi a un matrimonio di miliardari indiani. Daniele Rielli ha fatto tutto ciò, raccontandone poi le storie sulle diverse testate con cui collabora: Linkiesta, il venerdì di Repubblica, IL, minima & moralia, per ricordarne alcune. Ne è scaturita una serie di reportage che, per il tramite di Matteo Codignola, è confluita nel volume Storie dal mondo nuovo (Adelphi, 2016): un libro adelphiano che non sembra adelphiano, ma che forse lo è proprio in virtù di questa opposizione. Deve infatti rappresentare un tassello delle numerose domande che l’editore si pone nella propria interpretazione della contemporaneità, altrimenti sarebbe difficile comprendere la scelta, per una casa editrice di progetto quale Adelphi sappiamo essere, di pubblicare scritti recentissimi (il più remoto è del settembre 2014) già usciti in altri ambiti.
Mi sono convinto di questa idea, e mi sembra di rafforzarla soffermandomi sul titolo dall’esplicito rimando huxleyano. Il mondo nuovo è del 1932; nella società immaginata da Huxley i cittadini non sentono di essere oppressi, possono anzi soddisfare tutti i propri bisogni materiali e ciò garantisce la pace; gli abitanti di quel mondo ricoprono un ruolo sociale frutto di un condizionamento di cui sono vittime sin dalla nascita, che però li fa credere felici. Se questo mondo nuovo si è realizzato almeno in una parte del globo terracqueo, eccone le storie.
Daniele Rielli ha un periodare coinvolgente, sa guardare i propri soggetti mettendone in luce i lati grotteschi. Definisce in poche battute umori e personalità delle persone incontrate, ma – a dispetto di quanto riportato sulla bandella – non intende farci ridere, tutt’altro. Quello di Rielli è un modo per far emergere lo spirito con cui gli intervistati interpretano gli eventi in cui sono coinvolti. Sia che si tratti di uno sfarzoso matrimonio a cui dovrebbero prender parte persino dei pachidermi, sia che si tratti di una sorta di rave di centauri, sia che si tratti di una bizzarra comunità russa ai margini della Grande Mela, tutti i personaggi prendono molto sul serio ciò di cui stanno parlando. Se scappa a noi un sorriso, esso non può che essere pregno di umorismo, con tutto ciò che comporta.
Serissimo è, inoltre, l’ultimo della serie di scritti che compone Storie dal mondo nuovo, “Io che ho attraversato l’Alto Adige”, credo anche perché si entra in un tema più intimo per l’autore (Rielli è un bolzanino classe ’82). Qui non si tratta più di raccontare bizzarrie, curiosità, pressapochismo da generone romano, romanticismi o passioni. Si tratta di raccontare la vita su una frontiera che abbiamo creduto essere superata e che invece si presenta come una linea più intellettuale e politica che fisica, ma tanto marcata da essere invalicabile più di qualsiasi muro. Sono una settantina di pagine su trent’anni di terrorismo altoatesino, sulla separazione di germanofoni e italofoni di cui l’autore ha fatto personalmente esperienza: «Un bambino italiano di Bolzano nel 1990 i tedeschi li vedeva in tv, se entrava in una baita di montagna la domenica, o al limite li sentiva parlare nei negozi in città». È l’approccio a una vicenda che per essere raccontata abbisogna che si spendano parole come apartheid, Heimat, Todesmarsch.
Rielli suona un campanello di allarme che va immediatamente ascoltato, perché la prospettiva che si gode dal Grande raccordo anulare non consente di capire cosa si celi dietro al nome Alto Adige/Südtirol (e magari in questo esatto momento stiamo cercando di capire come pronunciare bene l’umlaut sulla u) e non ci accorgiamo che la posta contesa fra quelle montagne è l’idea stessa di Europa.
(Daniele Rielli, Storie dal mondo nuovo, Adelphi, 2016, pp. 320 pp, euro 19)
LA CRITICA - VOTO 8/10
La contemporaneità raccontata ad ampio spettro. Sorrisi amari e inquietudini che lasciano domande aperte.